giovedì 16 giugno 2011

Da "Le voci della sera", Edizioni L’Autore Libri Firenze, Firenze 1995



Lesbo tinta di cielo

Lesbo tinta di cielo
vedo scoperta al mare
e le sue ciglia accarezzate
dai soliti liquidi respiri
degli antichi cantori.
E i suoi capelli sparsi
sul livido volto
battuto dal sole
e l’aria di tempesta
i flutti infrangente
sulle salate vesti
e tu anima in pena,
sofferente di spazi,
di amori perduti,
di passioni cocenti
in piccolo seno,
abbandonata al consumato scoglio,
rilucente pallidi raggi
di arcane lune
antiche e misteriose.
Il tuo sguardo
lucido tra l’ombre,
si perde fra i paurosi gorghi
di mari più lontani,
confinanti coi cieli,
fra caverne più ricche
di dei tra le penombre
della notte buia
ostili ai tuoi segreti,
giovane Saffo.
Nel peccato di esistere
ti unisci
ai rumorosi tuoni,
alle furie abissali
e quando splende il sole
ed i gabbiani attorno irrequieti
rallegrano il tuo cielo,
la morte ti sommerge
ed il sereno regna supremo.





Le strade della mia borgata 

Giù per le strade
della mia borgata
rade si muovono le genti.
I caminetti spenti in primavera
l’alba che ormai disbrina,
il tordo che ciurla fra le rape
e poi s’innalza al cielo,
il coccolo di guardia ben vestito
che osserva dall’alto il suo podere,
la beccaccia
che s’affaccia sul chiaro,
l’occhio scuro,
folto di capanni
ormai deserti:
panni della mia terra,
mi rivedete sul carro
a sfrascare tra i filari,
quando il fucile appeso
attende il colombo
all’ora della sera.

Palpita il cielo
che si svena
maculando la festa dei miei peschi
giù per le strade
della mia borgata;
dal vetro terso
vedo perdersi i branchi
oltre le siepi
e mio padre con i passi stanchi
mi chiama di nuovo;
fra il rovo del prunaio
un nido di fringuelli;
pallido il ricordo
l’animo si addensa,
per il tempo che morde la mia sera.





Giù per i sassi 

Giù per i sassi
e in mezzo alle rovine
zoppica il piede incerto e vacillante;
la mente torna
sui templi e mura ardite,
su donne della Caria
di forme trasparenti,
prospicienti i fianchi.
                                       
Bianchi uccelli
stendono le ali
sopra i viali di una tarda sera
e passeri su lastre di mill’anni
beccano insetti su scavati solchi
da carri tusci di antenati antichi.

Vacilla il piede sopra sassi austeri
e l’animo si turba
se la vista si rivolge al cielo,
al giorno che termina la sera.

Sassi di marmo
crepuscoli di fuoco
vita leggera tiepida di morte:
corte le strade della nostra gente
drizzano templi
sopra verdi mari
immensi altari per i loro dei.






























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