giovedì 22 dicembre 2011

Prefazione alla silloge DOMANI TU VERRAI (Canti a S. Valentino) di Carla Baroni




DOMANI TU VERRAI
Canti a S. Valentino
S’increspa il lago verde dei tuoi occhi
s’incupisce
e mi risucchia l’anima leggera
che vola a te con ali di farfalla
Carla Baroni si è misurata con questa nuova fatica che già dal titolo evidenzia la sua varietà ispirativa: una silloge di 47 pièces, legate da un filo conduttore tematico, l’amore, visto e trattato con quello sguardo sarcastico, ironico, e dissacrante, ma estremamente appassionato, tipico della sua vena poetica. Si tratta, in definitiva, di un canzoniere erotico-sentimentale, dedicato alla festa di S. Valentino, stagione degli innamorati. E non è forse l’amore la causa scatenante di tutti i nostri sentimenti? E la passione, la tristezza, l’edonismo, la gioia, la follia, la gelosia, l’odio, la noia, l’umorismo e il male di esistere non sono forse categorie dell’anima legate alla sopraffazione dell’amore sulla ragione, o all’assenza dell’amore stesso, o alla sua piena esplosione? “Anche Cupido forse gioca a carte / quando gioca coi fanti e le regine / e non guarda se sono quadri o fiori / preso com’è da strapazzare i cuori” scrive la poetessa. O ancora: “Amore mio tu solo hai l’antidoto / sottile, inebriante ed efficace / per questo male oscuro che mi annienta”. Affermava La Rochefoucauld che, considerando i risultati, l’amore si avvicina più all’odio che all’amicizia. Mentre un poeta contemporaneo afferma che l’amore è un’infezione dell’anima che si trasmette al corpo tramite la vista. Il fatto sta che in tutta la produzione della Nostra questo sentimento occupa sempre un ruolo determinante, direttamente o indirettamente; ed anche nelle opere più drammatiche, come nell’ultima Rose di luce, edita da Bastogi, è preponderante in tutta la sua molteplicità: amore per la madre, per la vita, per l’arte, per la poesia tanto che tutte le altre manifestazioni sono consequenziali. Ma qui la scrittrice ha voluto dare sfogo a quella vena di ironia che, presente nel sottofondo di tutta la sua produzione, costituirebbe, anche, un elemento non indifferente nell’eventuale trattazione della sua poetica complessiva. Troppo lungo, ma estremamente interessante, sarebbe avvalorare questa tesi col ricorso a tutta la sua produzione. Ma il sarcasmo con cui l’autrice scrive, ponendosi al di sopra della vita con distacco quasi ariostesco, non è, forse, indice d’attaccamento alla vita stessa, e coscienza del suo valore? E proprio per questo, anche dai momenti negativi della sua storia, la poetessa sa trarre forza emotiva, energia oggettiva e positiva che si traduce in poesia vissuta con grande equilibrio. Pur giocando con i sentimenti, pur affondando la penna per sdrammatizzare la portata del fatto di esistere, e ridurre l’esistenza a un birillo da piegare al bowling, emerge sempre, in lei, quel senso di precarietà a cui reagisce ironizzando sull’amore, materia prima della vita: “Nulla rimane eterno, / nulla è definitivo / ed è davvero questo che m’angustia / quando io penso, quando penso a te”. D’altronde sono proprio, per tradizione, quelli che ironizzano sull’amore i più innamorati dell’amore stesso.
E per giocare ironicamente coi significati ed il verso, l’autrice scandaglia i contenuti, li frantuma, ne fa scempio, per poi ricomporre i tanti tasselli in un insieme organico e compatto, umanamente vero: “Mi son fatta per te strega di giugno / per raccogliere l’aglio e la lavanda / nella notte più corta dell’estate / […] / ma tu, sveglio, ti fermi ad ammirare / lassù in alto i fuochi d’artificio / e non vedi me lucciola di campo / che rigira ormai spenta attorno a te”.
Qui si tratta di poesiole, piccoli componimenti, con cui l’autrice ritaglia momenti e fasi di questo sentimento, facendo uso, spesso, dell’iperbole. Poetare nuovo, diverso da quello che la scrittrice ci ha abituati a leggere. Diverso da quello ampio, fatto di espansioni, dove l’aspetto narrativo primeggia. Ma a emergere è sempre una descrizione finalizzata all’analisi psicologica, altro elemento portante del suo dire. Ed anche l’utilizzo dell’ambiente esterno, del fattore idilliaco, converge ad approfondire la tematica confidenziale: “Azzurrami con cerchi di vertigine / presi dal cielo oppur rubati al mare, / rendimi fluida d’aria e di salsedine / per circondarti tutto e penetrare / in te in ogni poro e in ogni cellula / per vivere di te fino a morire”. E lo si vede, a proposito, dalla spontaneità con cui tratta questo argomento, (l’amore), analizzato in tutte le sue sfaccettature, rendendo funzionale il verso a soccorso delle diverse ombreggiature, e facendo della parola il fulcro per un significante metrico-figurativo importante. Una piena confessione in prima persona di una passione che trascina il cuore in un’altalena di dubbi, supposizioni, gelosie, aspettative, sofferenze, suppliche, speranze, illusioni e delusioni (tatuare il nome dell’amato tra florilegi, incendiare colline intorno per ardere e divenire l’Ecate al suo volere, farsi fluida per penetrare in ogni sua parte, odiare le Feste per la sua lontananza, farsi nuova al pensiero del suo ritorno, o confessare una morbosa gelosia per la lontananza dell’amato stesso). Ed è frequente il coinvolgimento di una natura disposta e disponibile ad affiancare il suo canto per meglio concretizzarne l’afflato: “Dai cedri che si incuneano nel verde / a mitigare la cupezza antica / scende strobilo a strobilo una dorata / pioggia a coprire le umide radici. / Tu sei per me il cedro quasi azzurro / che mescola i suoi aghi al mio fogliame / di selvatica pianta rifuggita / all’inclemente taglio della scure. / Ed io gioco con te al vellicato / muoversi dei tuoi rami alla corteccia, / la mia corteccia pronta già a morire”. Ma grido d’amore, alfine, canto catulliano per una Lesbia universale o per un universale Romeo; un grido che sa andare oltre l’ironia per festeggiare questa apoteosi, oltre l’attesa di un S. Valentino, facendolo santo di ogni giorno. Mi diceva Maxime Dégas, poeta contemporaneo francese che ho avuto occasione di conoscere alla fiera del libro a Francoforte nel 1993, : “Ecrire sur la poesie sans aimer c’est comme attendre une récolte sans semer”. E la Baroni ama. Sì!, ama la vita, la poesia, ama l’amore, perché sa, e ne è convinta, che è l’alimento primo dell’arte. Ed è proprio giocando con l’amore, elevandosi al di sopra della vita, che ne conquista una valente pluralità.
 
Dimmelo caro, come vuoi sarò.
Sarò strumento sotto le tue dita
che canta al mondo la felicità.
 
Nazario Pardini
Arena Metato 16/12/2011












Nessun commento:

Posta un commento