sabato 25 agosto 2012

N. Pardini: lettura di "La scala luminosa" di F. Vacchetta


Flavio Vacchetta: La scala luminosa. Puntoacapo Editrice

<<A quanta parte di malattia
potrò ancora sorridere?
Ah siete voi che odorate
il pigiama mio che sa di chemio?
Io di rabbia, a tossire
vi chiamo in piedi
ma non per pietà o compassione
sui gradini, sotto a premere
il pulsante in ascensore
e via al piano superiore
a trovare una bella infermiera
ma molto brava professionalmente
la quale mi guarda, mi riguarda
scuotendo la testolina
penso: chissà cosa penserà di me...>>


E’ un’opera intensa, epica, direi, dedicata al fratello, dove la tragicità del male e del fatto di essere umani esonda sentimenti e passioni, amori familiari, tristezze di abbandoni, tormenti verso assenze irrimediabili. Ma al contempo tutto è regolato da una solida fede che permette di trascinare l’umano, per contenerlo, su una scala di forte poesia che azzarda i gradini verso la luminosità dell’Eterno.
L’opera è di una scrittura così nuova, così maturata su esperienze vitali, così agile, abbondante, stratificata, e mai oberata, certo, di inutili orpelli di intralcio, che riesce a fasciare (con la possibilità che il verbo possiede di accostare l’immensità del dolore e dell’amore) tutte le occasioni esistenziali del vivere, del decadere, del morire, del memorare e del credere.
Un grande e violento impatto emotivo determinato dall’intensità analitico-psicologica della narrazione in cui gli agenti principali si confondono e si compenetrano ora in dialoghi serrati, ora in soliloqui, ora in sentimenti di abbandono, ora di conforto, magari, richiesto, ma non offerto inutilmente. Comunque mai in disperati gridi per un confronto fra il potenziale dell’anima ed il fatto di essere umani con lo sguardo rivolto al nulla.
Anzi, una sottile ironia, a volte, aiuta il discorso a stemperare i toni, quando rischiano di farsi disperati per la tragicità di una perdita.
Efrequente anche leggere pezzi di sconcertante lirismo che cova sempre la sua linfa vitale su un realismo immediato, foriero di una precisa e puntuale analisi, più che di una descrizione psicologica. Ed ogni pur minimo elemento concorre in maniera determinante alla riuscita di tale scavo.  

Talita’Kum
<<Siamo con.te… nti
questa chemio mi lascia
l’amaro in bocca, dicevi
occorre un minimo di sostentamento
per passare le notti,
dicevi
leggevi attentamente la Sacra Scrittura
sottolineando di giallo
le antiche parole dal tuo
“amato latino”
la sera chiudevi gli occhi chiari
tentennando il silenzio
ti sfioravo appena
le tue tremanti mani
bianche
quante parole?
Tanti fatti?
Ora non ho voglia di elencarteli
mi dicevi
ora, in silenzio
è il venti aprile,
che giorno è nella
tua nuova dimora?
Ci sorprende il fatto
di non riuscire ad intrattenerti,
come se avessi voglia di fuggire
lontano e velocemente
prima il silenzio poi
lucci e beppe
da tempo reclamano
la tua assenza
instancabile presenza
dolcemente liberavi,
lasciandocelo
il tuo passaggio
sento e di gioia
l’eco della tua voce
nel cortile
che s’allontana
in unica voce>>

E il memoriale si fa presente come realtà ritornata a vita, anche se con tutti i rimpianti che la memoria stessa si porta dietro:

<<… Ci sorprende il fatto
di non riuscire ad intrattenerti,
come se avessi voglia di fuggire
lontano e velocemente
prima il silenzio poi
lucci e beppe
da tempo reclamano
la tua assenza>>

<<… accompagnate da angeli custodi
mio padre, ancora
padre, papà
una volta ancora
in più risorto
eccolo tra i risorti
raffigurato da dio stesso
c’è presso la mia campagna
un campo di papaveri rossi
proprio in direzione del monviso
si tratta di un ipermercato
d’antenne d’aria in soluzione equa
un incontro tra piccioni e topi…>>

Realismo, répêchage di affetti familiari, lirismo, e saggio utilizzo di una natura disposta e disponibile ad aiutare l’autore nella concretizzazione dei suoi moti interiori. Questi gli elementi portanti della poesia del Nostro. Fusi insieme in uno stile omogeneo e compatto, trovano la loro originalità in invenzioni verbali di grande efficacia poetica.
E quanto si addice quella campagna coi suoi papaveri rossi alla figura del padre, papà risorto tra i risorti!

<< guido dice:
m’hanno trovato
un torace sfatto
tanto sport di montagna
per cosa? Dice guido
poi ridice:
ci siamo scambiati casa
per un destino controsole
di una storia vissuta
almeno una volta
sto a lungo qui
tra le case al colombè
a carpire silenzi sfacciati
incalliti di silenzio
senza accorgermi>>

Una maniera tutta nuova di fare poesia. Una maniera discorsiva, vicina, invitante, carica di tanta umanità, detta, però, quasi en passant, senza  pesare troppo sull’aspetto negativo della vita e dell’esistenza. Vacchetta ha trovato, così, il modo di compiere l’Opera. Di confermare la sua potenzialità verbale e narrativa.
Narrativa non come sequenza, ma come cifra poetica. L’ha trovato nel sintagma, nella parola, nel legare personaggi, mondi, credo e substantia in un reticolo spontaneo e costruito con naturalezza aritmica che tiene al suo interno quella musicalità sufficiente a colpire le corde umane.
E cosa è la Poesia se non che la maestria nel saper involucrare l’anima in un discorso che la sappia contenere.
Forse questo è il merito più grande di Flavio Vacchetta.   

<<scalciano le tue parole
posso avvicinarmi
e soffiarti sulle labbra salate?
Dimmi di sì
e sarò oceano>>

Nazario Pardini 24/08/2012





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