lunedì 29 ottobre 2012

Alberta Bigagli su Ninnj Di Stefano Busà


Leggendo: Il sogno e la sua infinitezza, Ed. Tracce di Ninnj Di Stefano Busà
 
di Alberta Bigagli
 
La tecnica è, come mi aspettavo, sicura e forte. Per cui da subito mi trovo libera nel lasciarmi andare all’accensione di questa poesia ai suoi infiniti contenuti che mi travolgono felicemente. La morte e l’amore la solitudine e il silenzio, la memoria e la parola che li sta perforando. La meraviglia portata dal futuro. La geometria come luogo ricorrente d sosta. Il sogno infine, come nascita del pensiero, sua origine e sua alba. Ma anche la fine e l’inizio di ogni osa come due sensazioni chiare ma intersecate. Due verità che si negano reciprocamente. Il tempo appare disegnato con decisione e trattenuto gentilmente da figure geometriche piane. Il tempo che va a identificarsi con il vento e il vento con il viaggio. A me sembra che Ninnj Di Stefano Bus a un certo punto si chieda se sia meglio indugiare nel proprio inevitabile e salutare cambio della pelle o lasciare che la troppa attenzione  si allenti per abbandonarsi al senso di infinito, per dire “infinitezza”. Credo che infinitezza, o almeno così avverto, sia anche questo riuscire a farsi domande durante un movimento inarrestabile per il poeta. E il nostro ascoltare le interrogazioni del poeta che viene trascinato via da se stesso. Non solo di immagini in sè astratte e di rappresentazioni figurate è ricco il libro. Gli oggetti, gli elementi evocati, i tratti di materia toccati, ricordati e detti, liberati e immersi nella pagina senza loro togliere odore e colore, sono presenti in una quantità di cui non appare il margine. Non pesano in quanto scorrono ma coinvolgono intensamente i sensi del lettore: “il bicchiere col sapore del sale”. Le metafore sono accennate nella elasticità d questa scrittura e insieme cantate: “il mondo...come rosa d maggio tra i capelli”. Si incontrano una “lepre” esultante così come il “fragile volto corrugato dei cipressi”. Nel seno della scrittrice si erano radunati evidentemente, tutti i momenti, tutte le cose possibili della natura. Ma quale sentimento di raccolta e di sintesi è all’interno di questo vivere poetico?di questo richiamo agli altri? Si può solo supporlo, ciascuno secondo se stesso. Io per es. mi sento invitata ad attraversare la notte, consegnarmi a lei. Una notte che vuole il passo di “sonnambulo”, che sa di “mare” e di “dolore”. Sento l’invito a vestirmi di una sognante ubriacatura. Nulla chiarire troppo razionalmente, per tutto comprendere. Mi è dolce aderire. So che farò scoperte, che mi scoprirò. Vengo ad abitare, leggendo, tra i “clandestini” delle “retrovie. Mentre la corsa aumenta, ma è vera o sembra tale? in velocità si moltiplicano i paesaggi e gli spettatori. Sento che diventa più debole il mio sguardo osservante, ora la parola del poeta sale di volume e si eccita, si accende, scala le vette, vola. Vola e si libra alta ma non si perde e si avverte promessa di ritorno. È così la poesia più è autentica e intensa e meno tradisce, nel senso di opporre i giochi letterari alla vita. Piuttosto, redime come viene confermato nell’ultima breve e intensa sezione, “Grani di poesia”.


 
 Alberta Bigagli
 
 

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