martedì 9 ottobre 2012

Franco Campegiani su Inedito di S. Angelucci

 
 
 
Ecco un esempio di poesia dove l’indubbia abilità tecnica non è fine a se stessa, ma viene posta al servizio di un’ispirazione che viene dall’oltre e che punta (come è nella mitopoiesi di ogni tempo e luogo) alla rivelazione di qualche segreto senso della vita. Sandro coglie in questi versi, da sublime poeta, e direi anche da profondo pensatore, il momento ZERO dell’Essere, l’Eternità da cui tutto viene e a cui tutto torna in un moto infinito circolare. A sera, dopo una giornata piovosa, svaniscono le nubi e fa capolino uno spiraglio di Sole (con la esse maiuscola, a sottolineare la sacralità del cosmo e del creato intero). Egli era certo (perché ha fede) che sarebbe giunto quel momento magico dove morte e vita s’incontrano e dove il tempo si ferma per entrare in uno stato di perenne gestazione. E’ il momento di stallo dove “non si vive e non si muore”, “non si parla e non si tace”, e dove l’ombra e la luce si equivalgono, proiezioni “di un albero gigante” (metafora forse dell’Essere o del Dio universale). Egli vive con trepidazione quell’attimo fuggente, dove il nero ed il bianco si pareggiano mescolandosi tra di loro e dove appare l’equilibrio cosmico, sospeso tra il Tutto e il Nulla, tra Affermazione e Negazione, tra il Bene ed il Male.
Franco Campegiani

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