martedì 1 gennaio 2013

V. Sartarelli: I Vitelloni


I Vitelloni

 
 
Noi, studenti universitari di quel periodo, (primi anni ’50 del secolo scorso) soprattutto quelli che avevano scelto una facoltà che non prevedeva la frequenza, non avevamo impegni pressanti di studio per cui, coccolati dalla famiglia, con una certa disponibilità finanziaria della quale si preoccupava in genere il padre di ciascuno, potevamo spendere i nostri soldi ed il nostro tempo anche inutilmente. Eravamo giovani di buona famiglia di una città di provincia e passavamo la maggior parte della nostra giornata bighellonando tra il caffé, il bigliardo, la passeggiata, il cinema e qualche scherzo “da prete” che dispensavamo all’allocco di turno. In pratica, caratterialmente, potevamo essere assimilati ai “Vitelloni” di Felliniana memoria, nella cui rappresentazione cinematografica ciascuno si poteva identificare, secondo l’ambiente e la circostanza specifica. Dei monellacci, non abbastanza cresciuti, fortemente rappresentativi di una certa fascia giovanile italiana di quell’epoca ma, forse anche attuale, chissà. Vivevamo la nostra goliardia come un patrimonio vitale, nell’attesa di una lenta e consapevole maturazione. Vivere quella “bella vita” era per noi come vivere un sogno, lasciarsi andare con indolenza tutta “araba”, farsi cullare, dolcemente e trasportare dal trascorrere della vita, come se questa fosse stata un fiume che, scorrendo molto, ma molto lentamente, ci avrebbe portati fino al mare, ma il più tardi possibile. Il mare, simbolicamente, rappresentava per noi una sorta di traguardo della vita, oltre il quale, sarebbe finito “il bello” e ciascuno avrebbe dovuto smettere di sognare per affrontare, di persona, le reali difficoltà dell’esistenza, consegnandosi alle proprie responsabilità di persone finalmente mature. Noi, tuttavia, i “Vitelloni”, belli, grassi, spensierati, incoscienti e soddisfatti, non ci curavamo di questo, tutto al più, forse, era l’ultimo dei nostri pensieri.
Certo, il grande Regista cinematografico, con i suoi film tutti impregnati di neorealismo, aveva centrato il problema sociale mostrando un vero  e proprio spaccato di un’epoca, sicuramente irripetibile, che anticipava un altro grande fenomeno sociale degli ultimi anni ’50, il boom economico che fece volare l’Italia per un certo periodo. Forse, quel modo di comportarsi della nostra giovane generazione trovava la sua motivazione psicologica nel benessere, da poco acquisito, dalle famiglie dopo l’incubo della miseria e della fame e delle paure di morte e distruzione generate dalla guerra. L’importanza della famiglia nella società italiana, il suo ruolo, nello stesso tempo protettivo e limitativo sui giovani, aveva portato a concedere troppo ai figli e, per una sorta di rivalsa sociale, tendente al recupero di una vita migliore, aveva deciso che essi potessero avere tutto quello di cui essa, per tanti anni, si era dovuta privare.
 
Vittorio Sartarelli

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