venerdì 3 maggio 2013

NAZARIO PARDINI: "ADRIADE"


Nazario Pardini



Adriade

(ovvero una fanciulla di nome Natura)                    


(Vieni a parlarmi, Adriade dei querci,

esci da quegli incavi che nascondono

la tua vergine e superba nudità)




Si aggirava nei boschi una fanciulla

dai capelli disciolti sopra un volto                        

tinto appena di rosa. Non aveva

colore il cielo né toni mutevoli

in quel tempo. Albeggiava sempre uguale.

Dall’alba al suo calare, sempre;

all’ora del meriggio e della sera.

Fendeva con gli steli color luce         

le primule, i tarassachi e le viole

un sole bianco che erano di perla.

Persino argentei i frutti, i tigli e i pini.           

Ma apparve poi nel bosco

un fanciullo splendente   

di bellezza e fattezze      

quali avrebbe poi vedute il Partenone.

Essere nuovo là. Mai prima apparso  

nei ricami madreperla della flora.                 

Sedeva sulle rupi,

cavalcava puledri,

parlava con le piante,

con le bacche degli ebbi e con i pesci,

incantati dagli sguardi e dal suo dire.

Solo il latte dell’aria e il cereo miele,

che il sole gocciolava con i raggi,                         

gli nutrivano il corpo. La fanciulla

dal volto rosa (l’unico colore)

restò rapita dal suo sguardo giovane;

lei divina ventilava il respiro

tra le fronde e sopra le acque. E i butti nuovi                  

germogliavano ai tocchi delle mani e dei sospiri.

Pura le sfioravano

lunghi capelli i glutei, le caviglie

ed il docile dorso; e la sua bocca                                  

effondeva la linfa necessaria              

per nutrire le vene di quel regno.

Ma lei mirava i crini, i gesti e i passi

del vergine fanciullo e col pensiero

seguiva i movimenti del suo corpo.

Ascoltava le frasi che diceva sopra i petali

e poesia erano i fremiti al cuore della ninfa.

Il suo pallore si fece di rubino.

Il cielo traboccò sui declivi e sui boschi.

L’argento restò vivo a tremolare

con la luna nel mare, perché mai        

luce nera vincesse sopra i chiari.

Non brillò più da solo:

il sentimento ch’ella provò

finì dentro le arterie dell’aria e della terra

ed i colori d’amore si distesero ovunque.


Ma fu tristezza e una pazzia nefanda

vinse la gentilezza dell’Adone;

distrusse piante, ruppe ogni bellezza.

Fu spinto a profanare

quelle immense ricchezze.

Dai bei luoghi in cui visse felice

carpì senza risparmio i beni.

Uccise e devastò. Recise e tormentò.

E con le lame arrivò fino alle arterie

della pallida ninfa. Il caldo sangue                        

si sparse tra le piante, sopra i germi,

nei rivoli, sui greti, sopra i monti,

sui roveti; appassirono le rose.

I gerani lasciarono le mani sopra l’erba.

Non ebbe più purezza né la terra né l’aria.

E giunti alla stagione che recise le vene,

i suoni e i sentimenti di tristezza

restarono a invecchiare. E ad ogni autunno

le spoglie venate di sangue

cominciano a fremere in cielo

e cadono al suolo.

Lasciano nudi i rami.

Il loro pianto

cessa soltanto al tempo in cui la ninfa

s’innamorò di Adone e nuova  gemma,

lasciando nelle arterie il rosso sangue.                  


Nazario Pardini 






















































6 commenti:

  1. Evelyn De Morgan (artista dell'età Vittoriana)
    Evelyn Pickering nel 1887 sposò un artista-ceramista William De Morgan dal quale prese il nome d'arte (Evelyn De Morgan). Tra le sue più famose opere: Driade (o Adriade) SOS (contro le inquietudini della guerra)Flora, La speranza nella prigione della disperazione.
    L'immagine del bellissimo quadro, esposto sul blog - Alla Volta di Leucade - rappresenta Driade, la Ninfa dei boschi o fata della terra. Il bellissimo poemetto del poeta Pardini, che accompagna il quadro di Evelyn intona il tema della brevità e la precarietà dell'umana vita ma con intonazioni che fanno appello alla sapienza di Amore capace di far nascere e rinascere /nuove gemme nel rosso sangue/Con questa poesia si coglie immediatamente una specie di ammonimento: a non amare ciò che è il ns. male, a non aspirarvi e a non affliggere l'animo con un'angoscia non necessaria che tormenta e distrugge la bellezza della terra.

    .





    Con l'inizio della guerra anglo-boera, e più tardi nella prima guerra mondiale nel 1914, Evelyn De Morgan usava la sua arte per esprimere i timori della violenza e della carestia. Un dipinto significativo è SOS nel quale l'artista esprime un messaggio decisivo contro la guerra grazie anche alle su credenze storiche e mitologiche. Si vede infatti nel quadro una figura angelica sopra uno strapiombo acuminato da rocce vigorose, in mezzo all'oceano e minacciata da draghi mitologici e divoratori . In genere pe questa autrice, la figura rigeneratrice ed evocatrice d'ottimismo e pace è, quasi sempre rappresentata, dalla donna o fanciulla.

    Tra le frasi più famose di Evelyn figura sicuramente quella che scrisse da ragazzina sul suo diario: "All'inizio di ogni anno dico 'farò qualcosa' e alla fine non ho fatto nulla. L'arte è eterna, ma la vita è breve ". Questa dichiarazione illustra le tematiche della sua vita adulta e la carriera di un artista molto originale e pre-raffaelita - morì il 2 maggio del 1919, la sua produzione artistica fu esemplare e molto proficua anche per l'uso del colore abbondante e ispirato ai colori naturali degli elementi fisici - aria, fuoco, acqua, terra.



    Miriam Luigia Binda

    video: ariel miryart (autore: MLBinda)



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  2. Il commento di Miriam Binda (filosofo, poetessa, artista figurativa, impegnata nei più vari settori del panorama socio-culturale che spazia per temi, correnti ed epoche) è la chiara dimostrazione di quanto questa studiosa riesca ad impreziosire con la sua invenzione di giochi creativi un tracciato poetico. Di quanto sappia completare, con il suo sapere e l'utilizzo della sua saggezza, un componimento lirico, che, pur spontaneo per ispirazione, necessita pur sempre di approfondimenti aggiuntivi. Di come sappia legare un'effusione, che gioca sul sentimento, con tocchi di magica intuizione. Miriam Luigia Binda è impegnata in un continuo lavoro di studio e di ricerca su "aminamundi", portale-blog online di grande classe, interesse e di notevole diffusione, a cui collaborano scrittori, saggisti, poeti, e critici di lungo corso. Basta vedere/ascoltare i suoi video (vere fusioni armoniche di musica-poesia-natura), per rendersi conto del suo ingegno. Dei suoi voli immaginifici e suggestivi. Dei suoi azzardi che sanno cogliere i misteri dell'oltre.
    Tantissimi complimenti a questa grande artista.
    Nazario Pardini

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  3. Driade, la fanciulla che si chiama Natura, è in fondo l’equivalente dell’Eva edenica, ben diversa dall’Eva uscita dal Giardino, dove lei viveva con Adamo in armonia. Identica cosa può dirsi di Eros, il “fanciullo splendente” di cui parla Pardini: un essere di pace, signore e custode dell’Eden, secondo il Genesi, capace di parlare “con le piante / con le bacche degli ebbi e con i pesci” (così Pardini). Un essere, dunque, questo fanciullo, ben diverso dal feroce distruttore in cui si trasforma una volta espulso dal Giardino. Dice il Genesi che nel Paradiso terrestre Adamo ed Eva si amano liberamente senza accorgersi di essere nudi. Nel venire meno di questa innocenza, nel nascere ossia della morbosa cupidigia, consiste la fine della comunione edenica e l’inizio della dannazione umana. A ben guardare, pertanto, l’opposizione di cui ci informa Pardini, in questo poemetto che definire mitologico sarebbe assai riduttivo, si consuma tra Natura e Cultura, anziché tra Maschile e Femminile, come sarebbe banale e facile argomentare.
    Con esatto vaglio critico Miriam Binda ricorda che Evelyn Pickering (De Morgan), autrice del dipinto posto nel blog a mo’ di illustrazione del poemetto citato, va storicamente inquadrata nella poetica dei Preraffaelliti: in quel Simbolismo mitologico, ossia, e in quel Primitivismo, che costituisce l’antefatto del vuoto metafisico dechirichiano, ma ancor prima del nulla funereo bockliniano. In realtà, l’intera gamma delle poetiche contemporanee che si rifanno al Simbolismo (Baudelaire in prima fila) resta legata al tema nichilistico, in quanto considera i simboli totalmente sepolti nell’universo mentale umano, senza sospettare che quello stesso universo possa essere aperto al più grande mistero dell’essere universale, accessibile solo per vie simboliche. Intendo dire che nell’universo dell’uomo non esiste soltanto la realtà della maledizione storico-culturale, fatta di contrapposizioni brutali (nella fattispecie il maschile e il femminile in lotta radicale tra di loro), ma anche il ricordo di una realtà precedente – per l’appunto edenica – in cui il contrasto è fonte di indicibile armonia. Ed è a tale realtà, sempre riconquistabile e a portata di mano, che a me sembra faccia riferimento il felice poemetto pardiniano, con quella tensione verso l’armonia che è anche un caposaldo di una vetusta filosofia orientale: il Taoismo, con lo stretto interscambio dello Yin e dello Yang fra di loro.

    Franco Campegiani

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    1. Ringrazio l'amico Franco per la sapiente, generosa, filosofica, poetica intuizione della mia "Adriade". Esame profondo, come profonde le sue teorie sull'armonia dei simbiotici contrasti che contraddistinguono il fieri del genere umano. E sulla necessità di un rinnovamento nel futuro, e non di certa nostalgia per un passatismo logoro e statico. L'Orfismo è il simbolo di questa staticità. L'odissaica avventura è invece il simbolo dell'uomo nuovo. Di Ulisse, in un mio poemetto, già ebbi a scrivere:

      ... L’ora è giunta.
      Se il mio destino vuole che ritorni
      ai familiari usi ed ai barlumi
      dell’isola agognata, porterò
      con me più luminoso il cielo. Se
      perire vorrà ch’io debba in mare
      straboccante d’immenso sopra i limiti
      del mio essere umano, perirà
      assieme a me l’eterna primavera
      di chi non sentì mai sopita in anima
      la voglia del viaggio. Poi tornare
      nuovi. O superbi spegnerci per via.

      Grazie all'amico Franco

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  4. Ninnj Di Stefano Busà

    L'intuizione di "Adriade" fa del poeta Pardini un fiore all'occhiello della Poesia alta contemporanea. Vi è dentro disseminata e composita da un alone di mistero inscindibile la morfologica attesa dell'uomo escatologico. Un senso di smarrimento cosmico, un panismo eccelso entro i quali sono bene inquadrati i bisogni dell'uomo moderno, in bilico tra l'incanto edenico dell'anima e la materia corrosiva dell'assenteismo e del nichilismo contemporanei. Un testo, quello di Pardini, che da solo centra valori universali, ed è compiutamente risolto come un'opera completa...
    Complimenti vivissimi.

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