domenica 1 settembre 2013

PAOLO BASSANI: "LA CASA DEL BIANCOSPINO"

LA CASA DEL BIANCOSPINO

nel ricordo
di Paolo Bassani

Una pagina
di storia contadina lunigianese





            La sua sorte era ormai segnata. Arrivarono le ruspe e allora la vecchia casa contadina fu abbattuta come un animale mortalmente ferito. E il podere fu sconvolto: olivi con le radici al vento, vigne strappate dai filari, disperso il biancospino. Sui campi divisi confini sorsero muri di cemento, cancelli e reti. Così il nuovo piano urbanistico prese forma e del passato non rimase più traccia, se non nel ricordo. Ma anche i ricordi sono destinati a scomparire. Per questo ho chiesto a qualche verso di ricordare quel caro vecchio casolare:

LA CASA DEL BIANCOSPINO

Non c'è una villa
nei miei segreti sogni,
ma solo
una vecchia casa contadina:
sopita tra gli olivi
a mezza via sulla collina
guarda il lento
lucente snodarsi della Magra.
Non ha cancelli
reti o muri intorno
ma solo olivi
   pergole
      e filari.
Non ha neppure
aiuole di giardino
per fiori signorili:
soltanto il biancospino,
un cespo di giaggioli
e qualche viola del pensiero.
Non ha per guardia
il cane lupo
ma un vecchio gatto
seduto sulla soglia.
Davanti all'uscio verde
un'aia rossa di mattoni;
a fianco,
sotto il fico grande,
un vecchio tavolo di legno.
Qui è vissuta
la mia gente contadina
e qui le mie radici
ho ritrovato;
qui
i miei sogni
non hanno più confini.

Laggiù sull'autostrada
colonne senza fine
forse cercano lontano
questo mondo di serenità

                                                Paolo Bassani


            Un velo di malinconia s’avverte dinanzi ad ogni cosa che cade. Forse ci rendiamo conto che è una parte di noi stessi che si perde; sentiamo tutta la fragilità delle cose e della vita davanti all’immensità del tempo.
            La casa del biancospino sorgeva nella campagna caprigliolese, in Lunigiana. Fu per generazioni e generazioni abitazione dei mezzadri che legarono la loro esistenza a quella terra. Era un tipico casolare della vita contadina. Semplice l’architettura: al piano interrato la vecchia stalla e le cantine; a pianterreno la grande cucina con il pavimento a mattoni rossi, il focolare, il forno, le altre stanze con minute finestre esposte all’infinito. La scala di legno -diritta- che portava al piano superiore pavimentato con tavole disposte sulle grandi travi; e come soffitto le tegole del tetto.
Nella poesia ho fatto cenno al “fico grande” Purtroppo, anche il fico è stato sacrificato: fu tagliato. A proposito: di questa pianta voglio raccontarvi un fatto misterioso accaduto il 14 agosto 1981. Nella notte s’era levato un vento forte. Non era il vento di mare che ulula tra i pini della costa, né il vento del nord che scende impetuoso dal monte frustando gli olivi. Era un vento caldo, strano: senza nome. Quella notte fioche luci erano rimaste accese nella casa contadina: a vegliare la salma di Alfredo, l’uomo che, per tanti anni, aveva legato la sua vita a quella terra. Ebbene, al mattino seguente, le foglie del fico erano completamente ingiallite e in due giorni caddero tutte, come se fosse giunto precocemente l’autunno. Io mi sono fatto una mia teoria di quell’evento e penso di non essere troppo distante dalla verità. Anche le piante hanno una loro sensibilità e (non so come) partecipano alla gioia e al dolore dell’uomo. Studiosi americani lo hanno dimostrato: sì, le piante si affezionano non soltanto alla luce ma anche alle persone. E semmai è dunque possibile un’amicizia tra uomo e albero, questa non poteva che essere molto forte tra il mezzadro e il “suo” albero di fico, alla cui ombra rimaneva ore ed ore nelle ultime estati, quando la malattia ed il peso degli anni lo costringevano all’immobilità.
            La Casa del biancospino ebbe nel 1988 un momento di celebrità, quando nell’antica chiesa di Caprigliola - durante un concerto di musica sacra - la voce della poesia si unì alle mistiche note di Bach per rendere omaggio ad essa, simbolo dell’antica civiltà contadina. Fu un atto d’amore e di giustizia. Non l’aristocratica villa del padrone della terra, ma la più umile delle case era stata accolta.
Mi ricordo che mi si avvicinò una donna molto anziana: era felice perché aveva creduto di riconoscere nei versi della poesia l’immagine della propria casa. Forse, quella donna non aveva più aperto un libro di poesie dai lontani tempi della scuola; forse, presto aveva dovuto abbandonare gli studi per lavorare nei campi, come - non di rado - accadeva tra la gente contadina d’un tempo; quella gente che però ha insegnato, con la sua dignità, la più alta lezione della vita.
            La Casa del biancospino è poi entrata nella scuola. E i bambini di Lunigiana l’hanno interpretata con la freschezza della loro età, attraverso disegni e colori. Peccato che sia scomparsa. Con essa è scomparso un simbolo, un pezzo di storia contadina; quella che forse non apparirà sui libri di testo, ma che rimarrà sempre viva nel cuore di chi l’ha vissuta.

                                                    Paolo Bassani








1 commento:

  1. I disegni esposti sono stati fatti dagli alunni della Scuola di Prati di Vezzano Ligure, in occasione del mio incontro di poesia in classe.
    Paolo Bassani

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