martedì 5 novembre 2013

A. SPAGNUOLO: "POESIA E SOCIETA' IN QUESTO PRIMO QUINDICENNIO..."

“Poesia e società in questo primo
quindicennio del nuovo secolo”


I coinvolgimenti ed avvolgimenti politici che distinguono questi primi quindici anni del nuovo secolo credo siano un indiscutibile intoppo alla dissertazione culturale, qualunque essa sia: dal semplice discorso sociale, alle elucubrazioni filosofiche, dal tentativo di critica letteraria, alla scrittura in genere, ed alla poesia in particolare. Aggiungiamo il dilagare informatico, che partorisce quotidianamente interventi nella rete, sia a volte particolarmente scorretti , sia più spesso di pregevole fattura, nel tentativo di diffondere una “sapere” di massa, che molte volte invece è carente.
La poesia la si potrebbe definire come autentica meta antropologica, in quanto espressione di massima solidarietà linguistica. Se l’uomo si differenzia dalla bestia  in quanto animale politico e dotato di un linguaggio, allora la poesia, che è la massima espressione linguistica, sarà, appunto, meta-antropologica, capace di intervenire forse anche involontariamente nel tessuto sociale. Ma tornando alla questione di fondo si è evidenziata una vera e propria trasformazione nel corso di questi ultimi venti anni di scrittura Il motivo è stato che la società è passata da Brecht a Ponge, sotto una veste mite, quasi pavida, di timore e preoccupazione, in realtà poi  sempre per andare contro. Le due concezioni canoniche della poesia e della sua «funzione sociale», per così dire – quella del materialismo storico ingenuo e quella, contraria e simmetrica, del neo-idealistico universale concreto – si annullano a vicenda. La poesia non è né mero epifenomeno del sociale né può in assoluto prescinderne. Quindi la poesia, anche se ignorata da molti, da troppi, continua strenuamente a rimanere caposaldo del divenire linguistico e del pensiero evolutivo, nel tentativo di dire ciò che ad altri ancora non è ben chiaro, e nel tentativo di suggerire qualche passo innovativo che volga al ripristino dei valori morali, spirituali, etici, politici .
Non è un fronzolo né un accordo casuale e neppure l’espressione metaforica o il «rispecchiamento» meccanico dei rapporti sociali reali, tutto quanto è avvenuto negli ultimi quindici anni. La società ha inciso ed incide con le sue trasformazioni quotidiane anche sulla cultura, in modo tale che possiamo purtroppo riscontrare un degrado totale della morale, un azzeramento incredibile degli ideali, un capovolgimento inatteso dei valori, per cui l’individuo si sente padrone di nuove realtà, che stravolgono finanche i rapporti interpersonali. Cosa attendere allora dalla poesia? Il testo vada oltre il testo. Chiama e illumina il contesto, nasce in una situazione specifica, storicamente determinata, ma la trascende. Per comprendere la natura e la portata di questo trascendimento, occorre capire, esaminare, le caratteristiche essenziali della società. Ad uno sguardo superficiale, la società odierna può apparire flessibile, fluida, catafratta, a-centrata. In realtà, è una società che tende a porsi come una struttura totalmente amministrata, dominata da grandi organizzazioni burocratiche, a tutto campo  razionali, nei cui meandri si va nascondendo la ragione quando abbia completamente abbandonato l’individuo. Nella sua imprevedibilità e nella sua essenziale capacità di risalire dal frammento del caos alla globalità significativa, la poesia si pone come la smagliatura nella corazza impersonale d’una società burocratizzata, accenna e aspira ad un possibile recupero della funzione ideativa originale dell’individuo: l’esperienza effettiva, sul piano esistenziale, dell’involontarietà del pensiero, e in quanto emanazione luminosa e inaspettata del subconscio esperienza del taciuto e del sospeso .Dunque,  qualcosa di non falsificabile, forse non trasformabile, ma intrinseco al dato oltre l'istante, dove la funzione dell'ascolto rimedia all'abbandono nel dolore sempre possibile, sempre incombente. demiurgo di stile, artefice di compattezze accolte nell'udibile gesto del linguaggio; come se i giorni e le stagioni aprissero varchi agli incontri e agli amori.------- Il tempo è pausa, sosta, angoscia, ma anche squarcio sul velo sottilissimo che ci divide dal destino. Le vittime del profitto gridano, in una fase del dire poetico che, in vari passi, si fa provocazione civile, osservazione disillusa di conflitti d'interessi, registri di dati perdibili, incursioni nel mondo della politica che vorrebbero essere rimaneggiati per un mondo che le illusioni quotidiane desiderano quale il migliore dei mondi possibili. In questo ultimo arco di tempo varie voci hanno tentato di creare nuove modulazioni e nuovi ritmi, nella poesia e per la poesia. Da Ciro Vitiello , che con il suo ardito impegno ha cercato ( purtroppo molto spesso invano ) di indicare strade percorribili per una nuova logica letteraria, a Raffaele Urraro, che nell’impegno sociale ha inserito la sua stessa composizione poetica, a Nazario Pardini , che nella rete ha cercato di proporre  interventi sempre lucidamente pertinenti, a Michele Sovente, (deceduto da poco) , che ha giostrato in maniera encomiabile con la scrittura, inserendo nel testo le caratteristiche novità della parola in vernacolo, a Patrizia Valduga, che ha messo in essere una rivisitazione stilistica degli stilemi, come vetrificazione e teatralizzazione del reale. L’evolversi del dettato nella poesia  per le nuove generazioni non è recepito, quasi che si pretendesse “tutto e subito”, come se  quanto avvenuto nel tempo non fosse altro che il rimasuglio di un tentativo ripetuto ed ormai consumato, senza la curiosità di seguire il progresso culturale dei più avveduti, che cercano di riempire i vuoti, o meglio ancora i disegni atti ad ampliare le rotture critico ideologiche, partorite dal post ermetico e rivisitate in forma didascalica, o addirittura moralistica. Da una neo avanguardia incisa da Edoardo Sanguineti con il suo sapiente intuito innovativo, alle sostanziali nevrosi di Andrea Zanzotto, vertiginosamente libero nella creazione poetica, ai tentativi rifrangenti l’essenza di Flavio Ermini e di Gianruggiero Manzoni, molti autori hanno cercato di dare corporeità al trauma prodotto dalle storiche restrizioni. Vorremmo allora che venisse sviluppata progressivamente ed intelligentemente una modalità “contemporanea” di realizzazione dell’oggetto poesia, tenendo conto delle necessità che gli attuali modelli istituzionali avviano, illudendoci nella diffusa sensibilità professionale dei poeti più storicizzati. 
                                                Antonio  Spagnuolo




1 commento:

  1. Complimenti a questo articolo di Antonio Spagnulo che cita anche autori che seguo anche attraverso i loro incontri o pubblicazioni (Dire Dio in segreto di Vitiello ad esempio.) Mi viene da dire comunque questa osservazione che ho sentito dire da molti editori, che considerano rischioso, anche oggi pubblicare o investire nella poesia. Le considerano un prodotto invendibile, nonostante il fatto che sono molti che decidono di affidare ai versi le loro emozioni, i loro sentimenti, le loro gioie e le loro angosce ed anche il loro modo di carpire la realtà. Forse l’unica possibilità per la poesia di ritagliarsi un futuro è quella di superare le proprie barriere, di irrompere nella scrittura in prosa, di diventare un evento raro e prodigioso e insieme un effetto di cosciente assimilazione dei fermanti di un’epoca. Complimenti.
    Simona

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