mercoledì 19 febbraio 2014

EUGENIO MONTALE: "I LIMONI"

  1. EUGENIO MONTALE
  2. I LIMONI
  3. Ascoltami, i poeti laureati
  4. si muovono soltanto fra le piante
  5. dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
  6. lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
  7. fossi dove in pozzanghere
  8. mezzo seccate agguantano i ragazzi
  9. qualche sparuta anguilla:
  10. le viuzze che seguono i ciglioni,
  11. discendono tra i ciuffi delle canne
  12. e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.
  13. Meglio se le gazzarre degli uccelli
  14. si spengono inghiottite dall'azzurro:
  15. più chiaro si ascolta il sussurro
  16. dei rami amici nell'aria che quasi non si muove,
  17. e i sensi di quest'odore
  18. che non sa staccarsi da terra
  19. piove in petto una dolcezza inquieta.
  20. Qui delle divertite passioni
  21. per miracolo tace la guerra,
  22. qui tocca anche noi poveri la nostra parte di ricchezza
  23. ed è l'odore dei limoni.
  24. Vedi, in questi silenzi in cui le cose
  25. s'abbandonano e sembrano vicine
  26. a tradire il loro ultimo segreto,
  27. talora ci si aspetta
  28. di scoprire uno sbaglio di Natura,
  29. il punto morto del mondo, l'anello che non tiene,
  30. il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
  31. nel mezzo di una verità.
  32. Lo sguardo fruga d'intorno,
  33. la mente indaga accorda disunisce
  34. nel profumo che dilaga
  35. quando il giorno piú languisce.
  36. Sono i silenzi in cui si vede
  37. in ogni ombra umana che si allontana
  38. qualche disturbata Divinità.
  39. Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo
  40. nelle città rumorose dove l'azzurro si mostra
  41. soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
  42. La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta
  43. il tedio dell'inverno sulle case,
  44. la luce si fa avara - amara l'anima.
  45. Quando un giorno da un malchiuso portone
  46. tra gli alberi di una corte
  47. ci si mostrano i gialli dei limoni;
  48. e il gelo del cuore si sfa,
  49. e in petto ci scrosciano
  50. le loro canzoni
  51. le trombe d'oro della solarità.




Qui il poeta è intento a demistificare l'aureola dei poeti laureati (cinti di lauro; poeti riconosciuti) tipo D'Annunzio. E fa una dichiarazione precisa di quella che è la sua poetica: dolorosa, sì, ma semplice, che tragga ispirazione dalle cose non roboanti, ma da quelle che illuminano la nostra vista e che simboleggiano la sofferenza della storia umana: quindi ai bossi, ligustri, o acanti di ricercatezza letteraria (Montale usa ironicamente questi tecnicismi per irridere la retorica dell’illustre tradizione poetica. In realtà il componimento non è privo di ricercatezza stilistica, che si esplica nella terminologia, negli artifici fonici, nelle scelte metriche) sostituisce la "scheletrezza" e "l'asprore" dell'immagine dei limoni. Sostituisce le parvenze secche e logore del panorama soleggiato della marina ligure: i muriccioli scalcinati, i resti essiccati dei pesci, gli ossi di seppia (tutto concorre a designare il paesaggio brullo e arido dell’adolescenza montaliana, così ricorrente nella sua produzione poetica e simbolo di una condizione esistenziale): la vita; un esilio, un impenetrabile mistero, una condanna alla solitudine e alla incomunicabilità. L'uomo di Montale si aggira come una larva sperduta e via via rassegnata ad <<abitare un tempo storico deserto di certezze e di valori>>. Nel "male di vivere" (una condizione che Montale ha simboleggiato con le immagini del "rivo strozzato", della "foglia incartocciata" e del "cavallo stramazzato") la stessa poesia è una solitaria esperienza senza gioia e senza orizzonti, solo <<qualche storta sillaba e secca come un ramo>>. Ma il finale della poesia non è solo una lucida dichiarazione di poetica: infatti la felicissima sinestesia unisce al suono squillante delle trombe il colore splendente del sole che si oppone alla triste stagione invernale, annunciando un possibile sprazzo di felicità in mezzo ai tormenti del mondo.

Nazario Pardini




L’azzardo dei confini


Parliamone. Non ti pensare
che le cose più belle vengano fuori
da quei giardini in fiore.
I profumi più intensi
di solito respiri
sulle pianure incolte;
rimaste abbandonate.
È là che si sprigiona
la coscienza di esistere,
l’azzardo dei confini.
Ricordati le strade
che sortiscono i silenzi dei fossati
fattisi piste
per i ragazzi allegri del paese.
I viottoli che vanno lungo gli argini
a immettersi tra il folto dei canneti
ad ascoltare i cori di cicale.
O meglio ancora l’azzurro che divora
il chiasso dei mortali.
Là sentirai più schietto
del chioccolio lo scorrere dell’acqua
tra il verde profumato d’abbandono.
Là delle contrastate ambizioni
tutt’a un tratto svanisce lo sfronto,
e spetta anche a noi una fetta di mistero
tra il silenzio degli ulivi.
Credimi, in questi momenti,
dove le immagini si lasciano afferrare
come disposte a svelare
il loro sottile legame,
quasi quasi ci sembra di carpire
la debolezza del cielo,
l’errore umano commesso dal divino.
E l’occhio trasmette
i minuti schizzi all’anima che li assorbe
al variare dei tocchi appena è sera.
È qui che il silenzio ci dice
quanto l’ombre degli uomini
si allunghino all’umano degli dèi.

Ma quanto brevi i ritorni
ad indagare il senso. È il bagliore  
che torna accecante a sommergere
il filo di luce
che demarca i confini.
E squilla forte il sole
per nascondere
i brevi acuti che ci fanno inquieti. 07/08/2000


Nazario Pardini

Motivazione
per la poesia edita
L’azzardo dei confini (dal libro eponimo)

Con l’opera: L’azzardo dei confini premiato con medaglia d’argento, diploma d’onore e con il quadro di Corrado Alderucci “poesia di impronta montaliana. Una sorta di parafrasi di quel capolavoro che è “I limoni”. Ma non c’è plagio, anzi vive di autonomia propria e ci offre immagini davvero sorprendenti. La ricerca della verità ha come territorio non l’allegria dei giardini in fiore, ma l’anonimato della brughiera. La posta in palio è alta, la eterna, massima, aspirazione dell’uomo, trovare i confini incerti fra l’immanente e il trascendente, insomma il ponte verso l’altrove. Perché Dio gioca a nascondersi? Lo stallo qui non è superato dalla solarità dell’agrume, ma dallo stesso sole, la speranza che l’altrove si manifesti anche per premiare la nostra inquieta, testarda ricerca” (Premio “Arti Letterarie” Torino, 26/10/2013).   

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