domenica 16 marzo 2014

N. PARDINI: "PREFAZIONE A "SOLTANTO UNA VITA", DI N. D. STEFANO BUSA'


Ninnj Di Stefano Busà: Soltanto una vita. Kairòs  Edizioni. Napoli. 2014

PREFAZIONE DI NAZARIO PARDINI

Un grande mélange di cospirazioni naturistiche e di intrighi che mai si allontanano da una verità, specchio dei nostri giorni

Nuova avventura letteraria per Ninnj Di Stefano Busà: per la prima volta si presenta al suo pubblico in veste di narratrice, con un’opera dove si riversa tutto il sapere, tutta l’immaginazione, e tutta la visione di una realtà sociale e ambientale poeticamente vissuta e rivissuta, condita con tanta generosità emotivo-esplorativa, di cui la scrittrice ci ha dato forti connotazioni nelle plurime realizzazioni letterarie e poetiche. Qui si tratta di un romanzo, il primo della Busà: ma è come se alla sua prima prova lei facesse il bang. Si tratta di un romanzo pregevole, in cui l’analisi dei sentimenti umani s’intreccia con lo scavo psicologico di un’esemplare e rara competenza letteraria, che possiede una carica emotiva singolare; un grande mélange di cospirazioni naturistiche, di panorami mozzafiato, di forze evocative, di scavi psicologici, e di intrighi che mai si allontanano da una verità, specchio dei nostri giorni.
L’opera si apre con un quadro da schermo tridimensionale di sperdimento panico; un tuffo in un oceano che farà da base erotico-cromatica a tutta la vicenda: «Dopo la curva, sull’altro versante, l’oceano si apre improvvisamente, come una valva sul fondale lussureggiante di un’immensa esplosione di luce. L’ora, illuminata già dalle prime avvisaglie d’alba, appare col suo splendido manto arabescato di rosa tenue e oro».
Già il lettore è messo in guardia. Percepisce fin da subito l’eleganza, e la forza evocativo-linguistica di un’autrice che sa trattare la parola come argilla, plasmarla per captare l’animo, la mente e la sensibilità di chi partecipa alla scena.
Un momento prodromico di grande rilevanza: l’antiporta su un “altrove” equivalente alla carta di identità di un’autrice che da una vita lotta a tu per tu con la parola per renderla adatta a tradurre un’anima infinitamente vasta e infinitamente disponibile verso plurime esperienze di perspicua validità umana.
La scrittura si fa possente di intuizioni immaginifiche. E ci si imbatte subito col personaggio principale: Julie. Personalità manageriale, colta, affascinante, attiva, generosa, che dopo un rapporto di grande conflittualità con Paul, infantile, complesso e difficilmente gestibile, incontra George. L’incontro assume contorni di sapore odissiaco.
Da quel momento la vita ha senso, profondità, valenza, i due vivono l’incontrastato legame che li confonde, li disorienta, ma si fa tempio mai visitato da altri, le loro anime si trovano in un lucernaio d’amore che è viatico di luce per il loro percorso. Una storia di grande passione, di un’intensità che li fa divenire una sola entità, non più duali: «Carne e sangue si sentono rimescolare in un piacere furibondo. La sessualità è perfezionata tra loro da un visibile esempio di coinvolgenza intima.
Un’imprenscindibilità vulnerabile, di fuoco infiamma la loro pelle, li stringe in una complicità emotiva smaniosa e ineluttabile».
La vacanza da incantamento, dal sapore edenico, sembra esorcizzare il canto della rinascita, una sorta di bagno purificatore che li porta a scoprire fino in fondo all’anima, quell’aspetto trascurabile dell’essere umano che si chiama “amore” in cui l’anima si eleva, conquista l’essenza pura della ragion d’essere. Vi sono scavi di riflessioni, lectio magistralis di una puntualità e validità ineccepibili con quei tocchi di eleganza che concorrono a delineare un ambiente raffinato e signorile, ma anche vastissimo di movimenti, di azioni, di congiunzioni sensoriali, che arrivano a contemplare la sessualità come un fatto perfettibile, sublimativo della fisicità umana. «Ogni fibra del loro corpo vibra all’unisono, ogni bracciata in quel liquido azzurro, immersi nel epore di acque placide, è un inno al creato.
In quella natura che fa da sentinella all’anima e si stende sovrana, con quella percettibilità che li cinge, fin quasi ad abbracciarli, i due...».
Opera pulita, chiara, propositiva; cresciuta su baluardi di sani
principi, dove alla fine, quello che conta veramente sono i significati della famiglia, della fedeltà, dell’amore; un’opera che va certamente controcorrente considerando i disvalori che, spesso, vengono propinati dalle letture di poca pregevolezza prese in considerazione da case editrici cosiddette “grandi”.
Un romanzo pieno, zeppo, colmo di vita e di bellezza. Bellezza narrativa e sostanziale. È qui, la forza evocativo-descrittiva della scrittrice.
Una forza che trae la sua linfa da una storia di ricerca, di abbandoni e di rinascite; di gioie e di dolori.
E tutte si concretizzano nel dipanarsi delle vicende; nel succedersi des accidents che sono l’esistere di ognuno.
Con una profonda differenza: che qui c’è la mano di una scrittrice che sa trattare la parola tenendola ben stretta ai fili dell’anima, la sa condensare quanto basta per avvicinarla al sentire del lettore, farlo quasi protagonista.
Una parola che contiene gli impulsi emotivi del vivere, e armonizza, o stride di fronte a certi avvenimenti che tradiscono l’amore, i buoni sentimenti; diciamo pure vicende di un umanesimo rinfrescato da una modernità trattata con eleganza e stile.
Momenti di alta, vera poesia, di immensa vicissitudine umana, che una poetessa come Ninnj Di Stefano Busà può cogliere e trasferire in qualsiasi genere di scrittura. E, in particolare, in quella che tratta di una società in decadimento con tutte le sue sfumature conflittuali, contraddittorie e limitative.
Con figure altamente simboliche ed emozionanti, l’autrice sa reggere la prora come un capitano temerario: non vi è una sola parola fuori posto, non un sintagma, non un accento. Tutto è regolato da una scuola di sofferenza e di pietà, una lectio vitae che consiglio di leggere al lettore più accorto, perché possa provare emozioni forti, descrizioni anche sensuali in cui si trovi a testimoniare la grande potenza dell’amore.
È qui che s’incontra la vera autrice, in una prosa poetica di grande effetto suggestivo, di sostanza e potenzialità creativa. Con figurazioni mai oziose, ma sempre intonate a un procedere, a una diegesi, che, non di rado, assume configurazione poematica; soprattutto quando si tratta di puntualizzare quei tratti dell’animo umano che presuppongono una grande capacità analitico-psicologica; quando si tratta di pervenire a degli assunti che sono i pilastri dell’essere; quando si tratta di delineare l’armonia dell’universo, come nell’atto erotico, unico e irripetibile di un amplesso. Quell’apprendistato che l’autrice ha esperito, ha istruito in un percorso delusioni, dolori, e infine gioie.
Gioie che possono maturare solo dopo un lungo cammino, quando l’anima raggiunge la vetta della quies estetica, e quel distacco che, se non è atarassia, raggiunge almeno uno stadio di serenità elevata che è sottigliezza di raffronti, imperturbabilità.
Ed è così che certi contenuti di infinita rilevanza si possono tradurre in massime, in prose poetiche, diciamo, per nitidezza verbale, ma soprattutto per una visione quasi ariostea del mondo e del suo andare che matura nel corso degli anni. Un momento di alto spessore lirico memoriale che ci avvicina sempre di più a quella visione eraclitea del tempo e del suo fugace correre che sembra tracciare un percorso sotterraneo
nel romanzo fino a costituirne motivo di connessione e compattezza.
La trama del romanzo è avvincente, ben omologata, senza vuoti; le pagine scorrono veloci.
Ogni descrizione è finalizzata a rese psicologiche di eccezionale valenza. Il carattere dei personaggi spicca chiaro e ben delineato. I dialoghi sono incalzanti. E la natura coi suoi squarci di cielo, di terra e di mare accompagna attenta il dipanarsi della storia con colori ora tenui, ora vivaci, ora brumosi in funzione non tanto descrittiva, quanto introspettiva. Questo è un romanzo come pochi, ha l’aria di essere il bestseller della prossima estate, quando si comincia a leggere non si può più smettere di farlo.
Ci prende l’anima, ci si sente dentro la storia, nella trama fitta degli avvenimenti che commuovono.
Si chiede scusa al lettore per aver sottolineato pagine memorabili, sentimenti e visioni, adattamenti riepilogativi di una vita, che vanno evidenziati per la potenza evocativa del messaggio.
L’intreccio va avanti rapido e avvincente, suasivo e trascinante. Si legge tutto di un fiato. Il finale non lo rivelerò, anche per non togliere il piacere della lettura al fruitore. A me tocca invece dire che la grande editoria dovrà, sicuramente, porre attenzione a quest’opera pregna di vita e di creatività; di problematiche sociali e ambientali attualissime.
I personaggi sono delineati con tale realismo visivo, da darci l’idea di essere dentro un film in proiezione. Sì! si dovrà porre attenzione a questo romanzo da parte di certi editori alla scoperta del best seller.
Perché qui c’è un valore aggiunto in più: la penna di una grande poetessa che da una vita offre tutta se stessa alla ricerca del verbo e dei suoi innesti per trame ricche di pathos ed energia creativa. E difficilmente certa prosa di oggi riesce ad avere la potenza creativa della poesia.
A voi la lettura perché vale più saper leggere che saper giudicare.
Noi possiamo solo riportare la frase emblematica del finale; conclusione che ha tanto della filosofia umana della scrittrice.
Un leitmotiv che lega le vicende come lo fa un tema musicale di sottofondo in un’opera lirica pucciniana: «Non passi per troppo mieloso il concetto che Dio è la fonte, noi siamo la gola riarsa: il nostro limite è la sete inestinguibile, impetuosa e inarrestabile, abbiamo bisogno di lui per dissetarci.
Siamo soltanto una vita, nient’altro... ». 
Credo non vi possano essere espressioni più immortali.

febbraio 2014 Nazario Pardini

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