lunedì 6 ottobre 2014

CLAUDIO FIORENTINI: "CONVERSAZIONI INUTILI"


Claudio Fiorentini collaboratore di Lèucade

Conversazioni inutili

Appena si sente il messaggio “Assistenti di volo disarmare gli scivoli e aprire le porte”, immancabilmente cento passeggeri su centoventi (naturalmente parlo dei passeggeri italiani) iniziano amene conversazioni telefoniche... quasi tutte uguali. L’interlocutore nascosto, cioè quello che si trova all’altro capo del collegamento, naturalmente non posso sentirlo, ma posso facilmente immaginare cosa dice:
Pronto?
Ciao
Sei arrivato?
Si. Proprio in questo momento, sono ancora sull’aereo
Ah...
Aspettiamo la navetta...
Ah, ma non ti fanno neanche sbarcare con il finger?
Eh, le solite cose all’italiana. Proprio uno schifo. Andassero falliti sarebbe meglio.
Già. E com’è andata?
Bene... ti racconto quando arrivo. Hai chiamato la mamma?
Non ancora. Allora ci vediamo tra venti minuti?
Devo ancora sbarcare, ti chiamo quando prendo la macchina. Ciao
Si, ciao...
Ciao, ciao ciao
Il soggetto analizzato, che non è in arereo, ma sull'aereo, riflette quello che fanno cento passeggeri su centoventi. Ed ecco che, dopo aver promesso di richiamare tra venti minuti (forse) la moglie, farà una seconda chiamata. Questa seconda chiamata in genere varia a seconda della situazione personale dell’individuo, per cui forse non più 100 su 120, ma 60 sui 100 di prima, chiamerà la mamma o giù di lì. Ecco come si svolge:
Pronto?
Ciao
Sei arrivato?
Si. Proprio in questo momento, sto uscendo or ora dall’aereo.
Ah...quindi sei ancora in aeroporto?
Si. Sono ancora sull'aereo (e daje). Ora prendo la navetta...
Ah, ma ancora non ti fanno sbarcare con il finger?
Eh, le solite cose all’italiana. Proprio uno schifo. Andassero falliti sarebbe meglio.
Già. E com’è andato il viaggio?
Bene, bene... ma ti racconto quando arrivo.
Allora mi richiami tu?
Sì, Quando arrivo. Ciao
Si, ciao...
Ciao, ciao ciao
C'è da supporre che durante il tragitto verso il parcheggio l’individuo farà altre tre o quattro chiamate, forse di lavoro, poi una volta in macchina chiamerà di nuovo la prima persona contattata in questa serie di telefonate.
Pronto?
Ciao
Sei arrivato?
No, ancora sono al parcheggio. Prendo la macchina e ti richiamo quando sono a piazza XXX così butti la pasta.
Va bene. Ha chiamato tua madre.
Ah. E che ha detto?
Ha detto che sei arrivato e che è andato tutto bene. Ricordati di richiamarla.
Si. La richiamo.
Va bene. Allora, aspetto il tuo squillo per buttare la pasta?
Si, si... ti chiamo io. Ciao
Si, ciao...
Ciao, ciao ciao
Una volta riagganciato è presumibile che l’individuo abbia chiamato la madre.
Pronto?
Ciao
Sei arrivato?
No, prendo la macchina adesso.
Ho chiamato tua moglie.
Ah, e che t’ha detto?
Che eri arrivato e che t’aspetta per cena.
Si. Or ora ho riagganciato con lei.
Allora venite domenica?
Si mamma, non ti preoccupare. Ci vediamo domenica.
Allora vi aspetto. Copriti bene, fa freddo qui.
Si, me ne sono accorto. Ci vediamo domenica allora.
Si, domenica. Mi richiami tu se ci sono problemi, eh?
Sì, ti richiamo io. Ciao
Si, ciao...
Ciao, ciao ciao
E’ presumibile che queste telefonate non finiscano qui, ma in questo caso l’indiscrezione che ci spinge a scavare nel mondo di questo individuo è di una noia mortale.
Ci rimangono i 20 superstiti di questa standardizzazione, e potremmo studiarli attentamente uno per uno. Ci sarebbe da divertirsi. Uno organizza un’orgia, un altro prende appuntamento con il centro anziani dove fa volontariato, uno prenota una cena al Big Gourmet per due, uno si mette a chattare a rischio di prendersi una tendinite... è finita l’epoca dei sorrisi di felicità che giornalisti avventurosi immortalavano ai piedi delle scalette. Sorrisi che non ci sono più. Ora la fine di un viaggio si fissa nelle conversazioni inutili che affollano e saturano le nostre reti di telecomunicazioni.

Claudio Fiorentini


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