giovedì 5 febbraio 2015

LORENA TURRI: "L'ASPETTO LUDICO DELLA MIA ANIMA POETICA"


Lorena Turri collaboratrice di Lèucade

La capacità esplorativa e versificatoria di Lorena Turri è stupefacente. La sua preparazione prosodica, frutto di studio e di autoptiche ricerche, dànno un chiaro esempio delle sue vaste e plurime esperienze poetiche. Molto spesso succede che, ingabbiati in strutture metriche, si perda il senso del focus portante della poesia: l’equilibrio fra dire e sentire. Quell’insostituibile ancoraggio del verso ai brividi emotivi che si fa denominatore comune dell’ars poetica. Molto spesso ci capita di leggere poesie in cui la cura della forma sovrasta, alla grande, il focus centrale della composizione. O l’inverso dove la straripante effusione emotiva non viene arginata a sufficienza da un dire adeguato e consono a tale ispirazione. Qui niente di tutto ciò: la Turri fa delle sue figure stilistiche, dei suoi accorgimenti metrici, dei suoi congegni narratologici, dei suoi nessi verbali, delle sue varie esperienze poetiche un’architettura prosodica atta a questa congiunzione insostituibile per una efficace resa canora. Tutto è spontaneo, tutto è naturale, tutto è nelle vene della Poetessa, tutto è antecedente alla ragione, dacché è l’emozione che pilota la sua poesia, facendone una polimorfica cristallizzazione dell’anima. E lo fa al di fuori di ogni epigonismo, o di ogni pleonastica intrusione; “mi piacerebbe far conoscere agli amici della sua fantastica Isola l’aspetto ludico della mia anima poetica. Anni fa m’imbattei nella lettura di Raymond Queneau e i suoi “Esercizi di stile”, rimanendo affascinata da quello che una mente geniale può partorire grazie alla padronanza della parola. Più tardi ho avuto la fortuna di leggere le poesie monovocaliche di Giuseppe Varaldo che trovo spettacolari.
La voglia di cimentarmi in simili esercizi è scoppiata improvvisa.
Le allego cinque miei lavori: due poesie monovocaliche, un sonetto-tautogramma e due acrostici, sperando incontrino il suo benevolo sorriso” (Lorena Turri).
Questo scrive. La sua una vera contaminazione positiva. Vale a dire una lettura di profondo interesse che la incanala verso la sua indole, verso quella parte nascosta di sé che cerca di uscire a nuova vita, o leggendo poesia, o osservando un piccolo avvenimento, o il cadere di una foglia, o lo sbocciare improvviso di una stagione, o perché no, rievocando quei  momenti, che, sfuggiti all’oblio, tornano a vivere pregni di sostanza umana.  


FEBBRAIO
(acrostico in versi iberi)

Fragile è l'anima inquieta
Essenza consapevole d'effimero corpo.
Bagno nella pioggia la pelle,
Bevo sorsi di brina disciolta,
Raggiungo un timido raggio di sole,
Afferro il suo calore e lo stringo.
Il temporale ha lavato la via;
Ora ogni passo diventa importante


GIUGNO
(acrostico in sesta rima)


G iardini rifioriti senza sole
I nseminati da un antico vento
U niscono le rose con le viole
G emmando sotto il cielo il loro evento.
N atura non fa sconti mai alla pioggia
O stinata, mantiene la sua foggia.


STRACCIONE
(sonetto – tautogramma in S)

Solo. Sdraiato sulla scalinata.
Sguardo socchiuso sempre scostante
sta: silenzioso, serio, sonnecchiante.
Sopravvivenza strana, sbrindellata.

Se sorte sfavorevole sia stata,
se scelta scellerata, stravagante
saprà spiegarlo, sofferto sembiante,
suono sommesso, sillaba stentata.

Stracci sporchi, sdruciti sulle spalle,
stanchi scarponi, sorrisi sdentati;
si stende sopra sentieri sconnessi.

Senza sole sospende  stenti spessi.
Sogna. Sì, sogna su spazi stellati
soffice, sempiterno,  sacro scialle.




QUEL CHE RENDE SELENE
(breve poesia monovocalica in “e” in versi decasillabi)

Rende belle le sere Selene
nel presepe celeste, leggere,
belvedere e benessere . Pene,
quelle spesse, segrete, megere
celermente le svelle. E men greve,
pel fedele che crede è ‘l presente:
né tempeste, né tenebre e neve
e le penne, represse, men sente.





L’OMO MORTO
(Sonetto monovocalico in “o”)

Non ho foto. Non sono loto. Sono
orco, mostro, molosso. Poro grosso
ho ‘n volto. Sono gobbo, con torto osso.
Son sordo, troppo goffo. Non ho dono.

Non odoro,  son sporco, foro ozono.
Ho morbo! Dolgo, con zoccolo ‘n fosso.
Soffoco! Molto soffro, molto tosso.
Non lodo! Son rozzo, non ho bon tono;

contro vo’ ogn’ortodosso. Son corrotto
Sconto non fo’. Cozzo col mondo, ‘n toto,
 ‘N profondo pozzo sto, omologo ‘l topo

lordo, sozzo. Non son sposo, non scopo.
Sono solo. D’orror provoco moto.
Ch’omo son? Son morto. Sborso lo scotto.


"Ch'omo son? Morto, son. Sborso lo scotto."

2 commenti:

  1. Di Lorena è già stato detto molto. Conoscendola da tempo, ho sempre apprezzato la persona e le sue opere. La sua passione, la sua continua ricerca del nuovo, il suo studio costante sono ammirevoli. Per questo posso affermare che Lorena è una Grande. Serenella Menichetti.

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  2. Grande sensibilità poetica, lessico vario e raffinato , ottima preparazione metrica si incontrano in questa poetessa che si contraddistingue fra i molti che oggi, con maggiore o minore fortuna scrivono versi. Lorena Turri eccelle in ogni forma di poesia: da quella che canta i sentimenti e le esperienze personali spaziando nella vasta gamma di tutte le emozini umane a quella che si diletta nella costruzione di favolette, di scenette umoristiche, di giochi di parole. Raramente mi è capitato di leggere tautogrammi o acrostici che fossero qualcosa di più che sterili esercizi o cosucce sempliciotte, ma devo dire che Lorena Turri riesce a comporre versi bellissimi anche in queste forme, grazie al suo particolare dono di saper trasformare in poesia tutto ciò che tocca

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