giovedì 6 ottobre 2016

CLAUDIO VICARIO: "INEDITI"


Claudio Vicario

Fiori di ninfea

Spuntano dall'acqua
fiori di ninfea
ancor non schiusi, in boccio.
Troppo è il silenzio intorno
e le parole, donate al tempo,
rincorrono quel raggio
dell’ultimo sol che si defila
cedendo dietro al monte.
S’ode cantare un usignolo
che cerca invano una compagna
in questa tarda primavera
che l’anima ferisce col sospiro.
E’ qui che torno ad essere bambino,
ed è qui che sono nato e qui ritorno,
in questo incanto verde
ove cerca riparo il mio pensiero
che distende le braccia verso cielo
in cerca di una pace
che con l’inganno uccide.

Guardo i miei passi

Guardo i miei passi di ieri
che paiono tanto romiti,
e la ginestra che volge al sidereo,
lontano da ogni città,
in questo borgo senza luci
privo dell’eco delle grandi voci,
dove tutto è già programmato.
Questa è terra di ghiaccio
che cattura e si espande
in un vortice spazio temporale
su bianche tele di sorrisi screziati
ove tutto il mondo finisce
tra solchi tracciati dalle rughe
della vita che si consuma
e ardente è il sognare,
ammantato d'Universo,
verso voli siderali senza vincoli,
senza visioni di estati perdute
e domande sfumate nel dubbio,
e i sensi prendono forma
creando silenzi smisurati
aridi come pareti che crollano
mosse dal sospiro del mare
elegante nella sua spuma di cristallo,
nel velo d’argento del riflesso lunare
che cade in fiori dal cielo stellato,
mentre brezze di vento alitano
il leggero profumo della ginestra
e s'ode lontano un flebile canto.

Guardo i tuoi occhi di gatta


Guardo i tuoi occhi di gatta
che mi fissano:
gocce di mare liquido
dal riflesso azzurro acqua marina
oltre i confini del visibile,
quasi fossi stregato
da impalpabile incantesimo.
Sto in silenzio, non parlo,
c’è solo comprensione,
presunto privilegio
di un gioco irresponsabile.
Abbandono i pensieri,
i dubbi e le incertezze
per correre su un prato
arso e spogliato di tutto,
spalancato all’anima.
Ruvide fessure di un tronco,
sul quale scorre la mano,
danno nuova forza
nella notte che declama versi
sussurrati dal vento
in un mormorio sommesso,
gli occhi si aprono alla luce
di una improvvisa violenza
e cedono alle stelle,
fragili gocce di cristallo
dove s’aggira silenzioso
lo stupore che arriva furtivo
là dove s’affaccia l’alba
su una spiaggia vuota
e il sole guarda un’ombra fuggitiva
lasciata da uno scoglio
e da una piccola barca
che danno un senso all’infinito.

Nessun commento:

Posta un commento