martedì 10 gennaio 2017

N. PARDINI LEGGE: "PAROLE SPARSE" DI EDDA CONTE


Il nulla, il buio, la luce, il deserto, la rinascita. Un viaggio infinito; un odisseico  travaglio alla scoperta di noi stessi; del nostro problematico ruolo su questa terra. Ed Edda Conte fa di questo cammino il grande mistero dell’esistere. Lei mai doma, lei mai vinta, lei mai spenta fa del buio e della luce, della fine e del principio una simbiotica fusione che alimenta il fuoco dell’altare della vita. Leggere il suo calendario, leggere i suoi racconti o i suoi versi significa scoprire sempre una parte di noi; qualcosa che ancora ci era nascosta, dacché il suo dire è espanso da essere storia totale dello spleen terreno.  Sì, c’è la vita di ognuno in lei, l’inquietudine e la saudade di ognuno dentro i suoi scritti: i perché mai risolti, le questioni che ci assillano, i misteri dell’esistere, la coscienza della precarietà dell’ora e del dove ma anche e soprattutto quelle vertigini, quegli azzardi che provano solo i poeti. Coloro che riescono a fare di ogni parola non solo un mezzo di comunicazione ma il gradino di una scala che porta diritto fino al vero, pur satura della stanchezza umana: “Fino a sera l'uomo raccoglie le parole sparse a terra, ed è tanto stanco che finalmente si appoggia al tronco di un albero e si addormenta. Tutte le parole raccolte, silenziose e buie, dormono con lui.”. Sì, dormono con lui ma covano, rapinano, si impolpano di una storia, di un vissuto, e ad ogni risveglio esigono di tornare a nuova vita sovraccariche di pathos; hanno bisogno di unirsi, di compattarsi per raggiungere la luce e vincere la notte; per dare un segno paradigmatico del loro potere nell'epifanica unità rivelatrice dell'essere; della rinascita verbo-uomo. D’altronde è qui il desiderio di libertà: uscire dalle ristrettezze del vivere per approdare a un’isola di pace e di sublimazione; ognuno di noi sente forte il bisogno di portare con sé, oltre il guado, il patrimonio della sua vicenda; di affidarlo alla totalità del verbo. Sta lì l’inquietudine dell’esserci, la sofferenza di esistere fra il tout e le rien. Questo cova nell’animo della Conte; tutto questo si rovescia sul foglio che attende paziente una sua confessione di paura, di morte, di buio; di ascensione, di convivenza, e di scoperta: “Dunque la Natura, il Sole, gli alberi verdeggianti sono un  inganno....Sente ora il silenzio della solitudine come una minaccia”. Quella realtà che ci gioca attorno non corrisponde a quella che abbiamo e avevamo sempre sognato: il sole, le piante, le parole stesse non hanno più vigore, si fanno una minaccia;  sono fuori da una realtà agognata. E le stesse parole, in ordine sparso, non hanno più quel senso, quella preziosità che la scrittrice attribuiva loro. E si sa quanto sia arduo assegnare al verbo il compito di dare corpo all’immensità del sentire. La parola è uno stratagemma umano troppo umano; un congegno lessicale creato dagli umani per gli umani; ma l’animo è qualcosa di più; ambisce al cielo, alla sua origine; sta qui la disparità fra dire e sentire; occorre una grande complessità verbale per ovviare alla deficienza umana; una fattiva sorgente di luce per ascoltare il suono dei nostri stessi pensieri. Solo così si potrà soddisfare l’empito della curiosità. Solo se l’essere sa ancorarsi alla forza della scoperta, dacché, anche se nel  pieno delle tenebre, sa sempre trovare uno spiraglio di luce a cui aggrappare la sua entità; la sua spiritualità; la voglia e la forza di rinascere; basta essere coscienti che esistiamo. Una piccola luce si fa sole accecante. La luminosità del pensiero e la profondità dell’anima si fanno avanti con tutta la virulenza dell’attaccamento alla vita; le parole unite danno alfine l’idea di tutto il loro potere: un grido alla Munch:
“Nel bosco cala definitivamente la notte, ma l'uomo non ha più nessuna paura, non si sente più solo, ha con sé una grande ricchezza, una potenza. Ora potrà  dire e ascoltare il suono dei suoi stessi pensieri.  Pieno di fiducia e di entusiasmo comincia a gridare con quanto fiato ha in gola:  SONO UOMO!!....Ogni albero ogni arbusto del bosco raccoglie quel grido e se ne fa portavoce fino alle estreme lontananze.  Una eco gioiosa ripete all'infinito UOMO.. UOMO UOMO...”.  Come afferma la Conte nel suo incipit: "Riunire le parole sparse potrebbe rendere  gli uomini migliori".
  
Nazario Pardini



"Riunire le parole sparse potrebbe rendere  gli uomini migliori"

(Saramago)
PAROLE SPARSE

Si desta all'improvviso. E' solo. E' innocente.
 Si guarda intorno: alberi, tronchi giganti, nudi, di colore bruno come la terra, dura, compatta, nuda anch'essa.. Alza la testa: lassù, in alto  c'è il sole, lucentissimo, accecante.
L'uomo guarda il cielo , e in quel momento sente un calore  che dalla pelle si trasmette a qualcosa di più profondo, di sconosciuto. Apre la bocca. Il suono che ne esce gli strappa un sussulto, come se una porta si spalancasse con forte rintrono. Si muove con circospezione.
 Occhi diversi tornano a guardarsi intorno.
E' una foresta fitta , illuminata , deserta.
 Che silenzio, pensa l'uomo, e subito dopo : che pace!
 L'importanza di quel pensiero fa scattare una  misteriosa molla.  Torna il ricordo e con il ricordo, se pure confuso, l'angoscia la paura e...il nulla. Ora quel nulla lo chiama , lo invita.
L'uomo non sa molto di ciò che è accaduto, ma sa che è l'unico essere vivente in un deserto di vita. Dove e come trovare il principio?. Forse è solo avvenuta la fine.
Qualcosa lo spinge a lasciarsi andare, come altri, come tutti, forse...
 Rilassa il corpo, con la voglia dell'abbandono, e proprio allora ai suoi piedi vede luccicare qualcosa.  E' un riflesso di sole, ma quel bagliore ha il potere di ridestare il suo interesse. Si china,  raccoglie....è una  PAROLA. Non ha il tempo di riflettere sulla stranezza dell'accaduto che già  lo attira altro bagliore poco più avanti.  Si china....raccoglie....un'altra  parola.
E poi un'altra e un'altra e un'altra ancora...
Fino a sera l'uomo raccoglie le parole sparse a terra , ed è tanto stanco che finalmente si appoggia al tronco di un albero e si addormenta.
Tutte le parole raccolte, silenziose e buie, dormono con lui.

............

Un assordante silenzio gli preme gli orecchi, gli confonde la mente.
Apre gli occhi e il calore del sole lo riporta alla realtà .
 Lo circonda un  bosco verdeggiante di rami nuovi che si intrecciano come la trama di un ricamo. Qua e là  lasciano intravedere pozze di cielo azzurro.
Quanto tempo ha dormito!
 Le parole, molte parole, sono sparse davanti a lui, e nelle tasche e sugli abiti....Le raduna e finalmente le guarda. Ma ecco che....come fossero carboni ardenti , si sottrae, spaventato, inorridito...le scaglia lontano come si fa con una cosa che ci fa ribrezzo o paura.
L'uomo non capisce, vorrebbe capire, ma al momento prova solo l'impulso di allontanarsi.
La paura gli chiude la gola, ha timore perfino di respirare ,di fronte ad un significato di cui intuisce tutto il pericolo.
 Dunque la Natura, il Sole, gli alberi verdeggianti sono un inganno....Sente ora il silenzio della solitudine come una minaccia.
Continua a risplendere il sole,  ma tra gli alberi è scesa una sottile velatura che suggestiona la fantasia di chi già non ha l'animo sereno.
L'uomo vive attimi di tensione , di indecisione. Riflette.
All'improvviso spalanca gli occhi, apre la bocca in un'esclamazione che non trova parole.
 In lontananza, tra gli alberi, nel velo di nebbia che si solleva dal suolo ha intravisto due figure che si muovono...pare che vengano verso di lui.
Con mossa fulminea , anche se priva di riflessione , si precipita a raccogliere le parole prima gettate,  si allontana correndo. Davanti ad una pozza d'acqua stagnante- o sorgiva- si ferma: butta le parole sparse, così alla rinfusa, senza più darci uno sguardo.  Il suo istinto gli dice di seppellirle,  lui pensa che è meglio annegarle.
 Le parole, le parole nere,  una a una si sciolgono nell'acqua della pozza.!

.............

Ora l'uomo senza parole cammina incerto e frastornato. I cespugli del sottobosco gli graffiano le gambe, sono fitti , gli impediscono di vedere il sentiero. Forse non esiste nessun sentiero, ma con una specie di ottusa ostinazione lui va avanti, con sempre crescenti difficoltà nell'intrico degli arbusti. Il bosco sembra non finire mai., sempre più fitto, minaccioso, quasi in ombra.
Nessuna traccia di esseri viventi.
A questo punto la confusione  è tale che l'uomo dubita perfino della sua esistenza.  Ha voce ma non ha parole, ha memoria ma non ha ricordi.
..........
Cammina a capo chino come se volesse sfuggire la vista di quello che ha intorno.
Nell'ora del tramonto il bosco assume un fascino speciale: riflessi e trasparenze di sole creano immagini fantastiche...la brezza di terra diffonde nell'aria i profumi amari del sottobosco....qualche ramo oscilla ....quasi una danza silenziosa...ma l'uomo che cammina a capo chino non vede...
 Ora urta un ramo più basso , e subito qualcosa prende a ondeggiare nell'aria prima di planare mollemente al suolo con un lieve tintinnio. L'uomo si scuote dal  torpore e guarda a terra, incuriosito.  Guarda e raccoglie.
E' una parola colorata ! bellissima...ed ha un buon profumo....
Guarda i rami dell'albero....tante tante parole colorate pendono dai rami...un profumo delicato si diffonde nell'aria... Allora l'uomo è colto da un'allegrezza nuova, si solleva sulla punta dei piedi e coglie quante più foglie-parole può.
Ce ne sono di tutti i colori e di tutte le dimensioni. Ce ne sono di rotonde e di irregolari, geometriche e con la punta in basso come un cuore...bianche rosse gialle...una ricchezza che lui non trascura , ma tutte delicatamente le coglie, una ad una...e ognuna ha il suo suono. L'uomo sente l'eco di una campana, l'armonia di un flauto, un breve ridere di bambino...un arpeggio leggero...musica ..musica...
 Se ne riempie le tasche, la borsa, le raccoglie al seno, le stringe tra le mani..
 Comincia a correre, come se fosse inseguito. Una festa di colori corre con lui.
 Lo accompagna la musica di tante parole...
Nel bosco cala definitivamente la notte , ma l'uomo non ha più nessuna paura, non si sente più solo, ha con sé una grande ricchezza, una potenza. Ora potrà  dire e ascoltare il suono dei suoi stessi pensieri.
 Pieno di fiducia e di entusiasmo comincia a gridare con quanto fiato ha in gola:
 SONO UOMO!!....
Ogni albero  ogni arbusto del bosco raccoglie quel grido e se ne fa portavoce fino alle estreme lontananze.  Una eco gioiosa ripete all'infinito UOMO.. UOMO UOMO...


Edda Conte. 2 Gennaio 2017


2 commenti:

  1. La lettura attenta,sensibile ed empatica di N.Pardini non ha bisogno di altri commenti,…ma ne vale la pena: vale la pena di seguire i ritmi e le emozioni, i dubbi di Edda, che ci accompagna nel bosco della vita, e della comunicazione negata, che intuisce le stanchezze, le delusioni le angosce, il deserto, il buio dell’animo annichilito e nella distruzione operata dall’uomo infelice che non ha più memoria ..e poi sa anche operare la ricostruzione, la fiducia e l’entusiasmo della ritrovata comunicazione nel pensiero e nella consapevolezza di essere orgogliosamente Uomini.Poesia e ricerca.

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  2. L'esistenza per Edda si intreccia nel concerto di parole che, sparse, appaiono e scompaiono da un foglio all'altro del diario dell'essere. Con particolare sintonia in prosa-lirica la poetessa scrittrice si confessa alla natura che circonda il protagonista (l'uomo) silenzioso nel suo riflettersi. Si supera ogni barriera e confine dell'onirico per sconfinare nel virtuale del concreto possibile. Questo narrato, originale nella sua ricchezza di effetti collaterali (dall'umanistico al filosofico), proietta Edda Conte nel sovra-dimensionale di un reale immaginario che ci circonda di gesti, di ambienti naturali, di proposizioni emotive. ogni istante circonda la guida delle percezioni e delle impressioni interiorizzate alla scoperta di quella personalità che solo il divenire "uomo" realizza.
    Marco dei Ferrari

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