martedì 25 aprile 2017

N. PARDINI: PREFAZIONE A: "ECLISSI" DI EMMA MAZZUCA


Emma Mazzuca: Eclissi. BastogiLibri. Roma. 2017.
Pgg. 102. Euro 10,00

PREFAZIONE 
Forzature lessicali, dilatazioni sonore in un significante di simbolica metaforicità


Dentro una gabbia sull’asfalto
conto le ore delle mie giornate.
Ricolmo il mio tempo con parvenze stanche
discorrendo da sola o mi snaturo
in una fragile compagine fingendo
perché le turgide arterie del cielo
erano un infido passaggio che non mi appaga

e salvata in alto
una volta ancora esisto su una nuova vetta
che più in su si erge e che non muta. (Vetta).

Iniziare da questa poesia testuale significa andare da subito a fondo in uno dei temi focali che motiva il viaggio interiore della poetessa; un viaggio travagliato, difficile, e arduo attraverso un mare pieno di scogli e di burrasche  in cerca di un faro che illumini una meta. Aspirare ad una vetta alta, elevata, al di sopra delle micragne dell’essere  e dell’esistere è il fine della condizione umana; di un’umanità la cui zona d’azione è strettamente limitata ad un campo a misura terrena. E la Nostra sa ed è cosciente di tutte le ristrettezze del vivere, delle aporie del quotidiano; c’è in lei questo tentativo dell’azzardo, questa intenzione di aggrapparsi alla coda dell’Infinito. Anche se la sua ricerca parte da un’analisi spietata e plurima di se stessa, del suo modo di sentire e di pensare; scandaglia la sua interiorità, il suo problematico quanto mai misterioso ed epigrammatico mondo interiore. Ed è così che intraprende un percorso di natura psicologica complesso e polivalente, mettendo sul foglio la sua anima in tutte le sfaccettature esistenziali:

l’amore:

Cosciente mi immergo
in questo ruscello che s’infiuma
affinché la lancia della tua bocca mi raccolga
e mi ridoni vita consumandomi.

Il sentiero dell’amore è sempre aperto
… e non ha ritorno. (il sentiero dell’amore),

il tempo che implacabile fugge:

Infiniti prati fioriti e profumi
mi regalarono vallate non mie
pur se trascorso era il tempo per tenerli.

Adesso
me ne sto in una valle ombrosa
accanto ad un ruscello
ed osservo con che passo incontenibile
rabbuiando i fiori
il tempo passa. (Il tempo passa),

 la memoria che torna leggera a riportare a galla  nutrimenti di ameni sentieri:

L’impeto delle passioni
non aveva ancora sconvolto
il sangue delle mie vene.

Tutto era quiete raggiante
come un giorno acceso. (Rammento il mio tempo remoto).

l’illusione, la delusione:

Illusorie immagini l’anima germoglia
per vederne poi l’allontanarsi
in un oceano di sogno.

Siamo attorti alla vita da finissime vene
Come pavido mare che spesso s’abbuia… (Illusorie immagini).

il sogno:

(…)
Poteva anche espandersi il silenzio
un migrare gelido
nitido spazio in nitide tregue di ombre.
Egualmente cresce e riecheggia il vento
e risponde.

L’alba sul colle inclemente
era la causa dei sogni. (Se per un istante),

le aspirazioni, gli interrogativi e le questioni del fatto di esistere:

(…)
Taciturna una salsedine si ridesta
o effonde un reflusso.
Una notte lustra tiepida discende
e un vento gelido poi.
Se tediose cose desideri
la morte come morte negli occhi
ti è amica intensa ed affine.
Tempi diversi non puoi  invocare.

Come in antichi dittici
la vampa dell’ultimo gelo
la tua felicità disgiunge. (Come in antichi dittici).

 “La vita è l’arte dell’incontro” affermava il poeta brasiliano Vinicius De Morales “e vita e poesia sono la stessa cosa”. Vita e poesia, un binomio inscindibile che compattandosi dà luogo a vibrazioni di urgente resa poematica. E qui la Mazzuca affronta tutte quante le situazioni vitali che la tengono a terra, se ne imbeve, ne fa tante rampe per una scalata che la trasferiscano a cime di vertiginosa empatia espressiva con uno stile anche scabro, non sempre armonicamente fluente, ma ondulatorio, ora apodittico, ora ampio, ora ipermetrico per assecondare stati d’animo vari e articolati; ontologicamente complessi  di un pensiero che la Nostra vuole rinnovare in continuazione mai contenta di una quiete statica, di un riposo apparente, di una calma illusoria: è la sua schiettezza, la sua onestà intellettiva e emotiva a portarla ad una confessione diretta, ad una meditazione che raramente si fa filosoficamente fredda dacché nasce da una lievitazione spirituale riposata da tempo in un animo fecondo che nei momenti di maggior ispirazione sa tradursi in impatti di lirica valenza dove accessori di effetto contrattivo e estensivo cedono il passo ad endecasillabi di euritmica sonorità:

(…)
Un diafano profilo sono
un dolce senso scarno di parole
una precisa idea entro un punto fermo
nel suo vuoto.

Se si riaccendessero le fiamme…(Se si riaccendessero le fiamme). Il neretto dei due endecasillabi è mio.

Un tragitto emozionale che attraverso violenze sintattiche, forzature lessicali, dilatazioni sonore sa tradurre il significato in un significante vasto e di simbolica metaforicità. D’altronde tali accostamenti se usati in maniera appropriata sono utili ad ampliare  lo scarno messaggio linguistico; dacché si sente in poesia il bisogno di realizzare, in corpi verbali altri, gli impeti ascensionali; di andare oltre l’usuale cifra ordinaria del linguismo. E’ quando tali forzature si usano in maniera infruttuosa, così per apparire, o per essere nuovi ad ogni costo, che si va incontro a poemi di pietosa e misera lettura. E la Nostra fa un uso veramente naturale e concreto di tali accostamenti da rendere il suo verso nuovo, moderno, magari di non facile comprensione ictu oculi, ma proprio perché è semplicemente complessa la sua ricerca ed è votata ad un oltre che superi l’abituale dire mellifluo di facile caduta stilistica. Eclissi, il titolo della silloge, disteso in un percorso di tre sezioni: Come in antichi dittici, A nord del futuro, Post meridiem, che trovano convalida in poesie eponime.
Quindi ombre, penombre, oscuramenti, che tanto sanno di vita, di inquietudine, di inappagamenti di fronte a questioni senza risposte; di fronte a tutti quei perché dell’esistere di difficile soluzione. Ma le eclissi sono di brave durata e lasciano posto a spazi larghi, azzurri, di lucida visione; di rara Bellezza anche nella notte:

Questa notte
voglio avvolgermi
nella luce che verrà
per aprirmi come mitile
e scoprire la bellezza

la Bellezza

nelle deformi fattezze del barbone
nel triste sguardo dell’esule
rivolto verso la terra perduta
e nella solitudine delle strade deserte. (La Bellezza).

Là è la luce per Emma Mazzuca; fra la semplicità degli umili, fra le cose più umane. E’ da lì che parte per ampliare il suo sguardo verso mari di illimitati confini. E lo fa con energiche forze espressive dacché sono certi sobbalzi sinestetici a dare colore al canto; a trasferirlo  oltre la parola con invenzioni di bave di vento, o di luce rubata:

Un frenetico sole
scortica la membrana delle foglie
 come luce rubata alla pelle
oltre la scorza azzurra.

Non fidarti delle parole sobbalzate
del mio silenzio
nelle mani mi pesa il tuo grano
rivelato da una bava di vento. (L’anima non chiedere alla colomba).

Sole, foglie, scorza, grano, vento: non meno la natura sa offrire tutte le sue parvenze per venire incontro alle richieste dell’abbrivo ispirativo della Poetessa; al suo abbraccio cospirativo di valenza oggettivante. E anche se un sentimento di melanconica solitudine traspare dal sottofondo della silloge:

(…)
Riesco a stare da sola.
So stare da sola.

Scrivo al lume di te. (Intimità),

 e anche se l’aspettativa di un redde rationem sembra in certi canti apparire in veste liberatrice, quello che vince alla fine è l’amore che la Poetessa nutre per la sua giovane terra; per i suoi fiumi, monti, campi, che videro le sue origini:

Con te mia giovane terra
giovani campi
fiumi e monti
dove con te sono nata
piccola donna
con piccola vita

e sarà breve la mia terra  nuova
corte radici
con erba
che germogliano sotto un sole
che non mi appartiene. (Con la mia giovane terra),

dove la lontananza del sole e le corte radici mettono ancora in evidenza la coscienza di precarietà che Ella nutre per la vita.


Nazario Pardini

1 commento:

  1. Grazie infinite Carissimo Nazario, sono felice di essere immersa, con tutta la mia tumultuosità, nelle placide e serene acque di Lèucade.
    Un forte abbraccio affettuoso.
    Emma Mazzuca

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