lunedì 24 aprile 2017

PAOLO BASSANI: "IL 25 APRILE NEL MIO RICORDO"

IL 25 APRILE NEL MIO RICORDO

PAGINE DELLA MEMORIA
di Paolo Bassani



Paolo Bassani,
collaboratore di Lèucade

Che cosa ricordo della Resistenza e della Liberazione?     Il  25 Aprile 1945 avevo cinque anni; li avevo compiuti il giorno precedente. Nonostante la mia giovanissima età, alcune immagini di quel tempo mi sono rimaste impresse per sempre nella mente.
       La nostra famiglia era sfollata a  Castagni Grossi una sperduta località boscosa della montagna caprigliolese, una zona in cui operavano i partigiani. Per questo, più d’una volta, il luogo fu rastrellato dalle forze nazi-fasciste. Mi ricordo una sera del ’44, quando improvvisamente i tedeschi, alla ricerca dei partigiani, entrarono in casa e puntandoci le armi ci costrinsero tutti ad uscire. Qualche giorno prima avevano incendiato un casolare a Chiamici, al di là della valle dei mulini, perché  in quella abitazione avevano trovato materiale partigiano. Rimanemmo in piedi, ostaggi nell’aia, per parecchio tempo, mentre i tedeschi perquisivano la casa, la cantina e gli altri locali del casale. Fortunatamente non trovarono nulla e, così, dopo essersi appropriati anche della nostra povera cena, se ne andarono.
       Che cosa ricordano i miei cinque anni di quel lontano 25 aprile? Innanzitutto il suono festoso delle campane di Caprigliola, interminabili, frementi di gioia. A quel suono così inconsueto, noi bambini, primi fra tutti, corremmo nella piana accanto al “seccatoio”. Era da lì che si  riusciva a vedere, laggiù lontano verso la valle, la parte più alta del campanile, l’antica torre rotonda simbolo di Caprigliola. Ebbene, sulla cima del campanile sventolava nel sole il tricolore. Un grido esplose nell’aria mattutina: “E’ finita la guerra! E’ finita la guerra!”


            25 APRILE
      (Nel suono di campane)

Ricordo quello scampanio festoso:
come un garrito vibrava nell’aria
   profumata dalla primavera.
Dal colle s’apriva a tratti,
ora scivolando giù nella valle
ed oltre a seminarsi nel piano,
ora salendo nel silenzio dei boschi
   a far eco lontana nei monti.
Le campane si erano slegate
con la voce del sabato santo.
Erano state meste per tanto:
negli anni di guerra 
a martello avevano sonato,
scandendo i rintocchi della tragedia.
Ma fremevano i bronzi quel giorno
come cuori generosi
   impazienti d’annunciare la gioia;
e sull’antica torre
        sventolava il tricolore.
Corse mia madre,
     mi strinse al suo petto;
e lagrime brillarono nel sole
come fresche gemme di rugiada
   in quel mattino di primavera.
Con lo sguardo di bimbo,
fissando il suo rorido volto,
  mi chiedevo il perché di quel pianto.
Era la gioia, quella grande
che il cuore non sa trattenere:
l’incontenibile gioia che sgorga
          per la risorta speranza.                                                 

                  Paolo Bassani



Nessun commento:

Posta un commento