sabato 1 luglio 2017

PIERO RAINERO: "IL QUOTIDIANO DEL GIORNO DOPO". RACCONTO

             IL QUOTIDIANO DEL GIORNO DOPO

 
Piero Rainero,
collaboratore di Lèucade
Il postino suonò di buon ora, quella mattina, a casa Neri, in Via dei Tigli 39.
Infilò il giornale nella cassetta delle lettere, assieme ad altre 3 o 4 missive ed inforcò di nuovo la bicicletta per indirizzarsi alla volta del numero 41.
Enrico percorse, indossando ancora la vestaglia, la discesa erbosa verso il cancello, si avvicinò ad una delle due pile di pietra, infilò la mano nell’apertura della buca e ne estrasse il contenuto.
Recuperò anche la bottiglia del latte ( di norma il lattaio era più mattiniero del portalettere ) e rincasò.
Preparò il caffelatte, diede una distratta occhiata alla corrispondenza e poi, con il CORRIERE DELLA MEZZANOTTE aperto sul tavolo, iniziò la colazione a base di brioche e bevanda fumante.
Lo sguardo scivolò veloce sulle notizie di carta e poi, per pura combinazione, sulla data: 12 – 10 – 2013. La sua attenzione fu calamitata da quelle cifre.  C’era una svista grossolana, perché era la mattina di martedì undici ottobre, non certo di mercoledì 12.
“ Il solito ERRORE DI STAMPA ”  pensò.
Le notizie riportate gli parevano assai strane, poiché nessuna era riconducibile a quanto ascoltato nel telegiornale visto solo mezz’ora prima. Si leggeva infatti di un terremoto di forte intensità nelle isole giapponesi, dei risultati definitivi delle elezioni politiche norvegesi, di una rapina in pieno centro a Milano e di una vincita stratosferica al Casinò di Saint Vincent.
“ Molto strano ”  si sorprese a pensare Enrico mentre si radeva.
Comunque si vestì di tutto punto, elegante come al solito con giacca e cravatta, ed uscì per recarsi in ufficio.  Il lavoro del signor  Neri era ripetitivo anziché no, consistendo nel trascrivere fedelmente su registri  eserciti di dati riguardanti ordinazioni fatte pervenire alla società di cui era dipendente.
Il nostro giovane impiegato quindi accendeva spesso il suo piccolo apparecchio radiofonico per ascoltare musica mentre accatastava diligentemente righe e colonne di cifre.
Alle nove in punto gli capitò di sentire casualmente anche il giornale-radio e, con visibile stupore, udì lo speaker dire “ Apprendiamo ora che poco fa, alle otto e trenta, nelle vie centrali di Milano una banda composta da cinque malfattori ha dato con successo l’assalto al furgone che trasferiva valori dalle banche meneghine all’ufficio postale principale del capoluogo lombardo.
Dalle prime sommarie notizie il bottino sembra essere di circa 2 milioni di euro, ma ulteriori particolari vi verranno forniti nella prossima edizione del nostro gazzettino”.
C’era qualcosa che non quadrava.
Prese il quotidiano al quale era fedelmente abbonato già da un lustro e che si portava sempre appresso e lo aprì sulla scrivania.  Andò alla pagina di cronaca e lesse il resoconto della rapina al furgone.  Tutto combaciava alla perfezione, l’ora, il numero dei malviventi e pure la somma sottratta.    Gli frullò per il capo un’idea pazzesca.
“ No, non è possibile! Deve esserci una spiegazione razionale, dopotutto.  Il giornale dell’undici ottobre non può, alle 7 di mattino, recare la notizia di un evento successo quel giorno stesso alle otto e trenta!  Eppure….è incredibile! ”.
Già, assolutamente incredibile.
Nei tre quarti d’ora che seguirono sbrigò il lavoro distratto, tanto da dover cancellare e riscrivere qualche cifra qua e là tra i numeri che annotava.
Pochi minuti  prima delle dieci le trasmissioni radiofoniche furono interrotte per fare spazio ad una edizione straordinaria del notiziario.
“ Una scossa di magnitudo 5,8 della scala Richter ha colpito alle 9 e 37 il Giappone. L’epicentro è stato localizzato in mare aperto, a circa 300 chilometri a sud-est di Tokio. Per ora non si hanno segnalazioni di danni agli abitanti, ma certo l’intensità del sisma è altissima. Vi rimandiamo per gli aggiornamenti alle consuete trasmissioni di informazione della nostra normale programmazione ”.
Impietrito, paralizzato dallo stupore, guardava rubriche e registri come se li stesse osservando da un altro universo.  Gli ci volle una buona mezz’ora per riacquistare un sufficiente autocontrollo.
“ Bene, ormai non ci possono essere più dubbi ”  pensò “ l’ufficio del CORRIERE DI MEZZANOTTE che spedisce le copie agli abbonati mi ha inviato per errore il giornale del 12 ottobre, cioè di domani!  Questo è assodato.
Tanto vale dare un’occhiata a cos’altro succederà oggi ”.
Dimenticandosi completamente del suo impiego Enrico s’immerse in una scrupolosa lettura dei fogli che teneva tra le mani, non trascurando neppure le virgole.  Lesse, tra le tante altre notizie, le percentuali definitive dei risultati con cui erano stati eletti i parlamentari norvegesi, l’esito dei
cimenti sportivi e persino gli annunci pubblicitari.
Nella pagina della cronaca nazionale una curiosità lo intrigò particolarmente: il racconto puntuale della vincita che quella stessa sera un tizio stava per ottenere al Casinò della Valle d’Aosta.
Una precisazione lo colpì.   Era riportata infatti l’esatta sequenza delle puntate che il giocatore aveva ( o avrebbe? ) fatto alla roulette, e che gli aveva fruttato ben 1.433.600 euro.
Egli aveva scommesso per ben 12 volte consecutive sul rosso, pagato 2 a 1, azzeccando sempre il colore e poi, nell’ultima giocata, aveva rischiato tutta la vincita sul 18, dato 35 a 1, centrandolo anche questa volta.
Mentre leggeva il comportamento del fortunato giocatore ebbe l’idea!
Forse lui era l’unico ad aver ricevuto per un disguido il CORRIERE con un giorno di anticipo, e quindi l’unico a conoscenza della precisa sequenza delle giocate al Casinò.
Bastava raggiungere la casa da gioco, cosa di poche ore ( abitava in Brianza ), e rigiocare le esatte puntate riportate nell’articolo.
ERA LUI IL GIOCATORE VINCENTE!
In Val d’Aosta lo attendevano più di un milione di euro.
Continuava a muoversi per l’ufficio in preda ad una eccitazione irrefrenabile.
Alle 14, finito il turno di lavoro, non perse neppure un secondo: si mise in auto alla volta di Saint Vincent, senza pranzare, sicuro di giungere in netto anticipo sull’apertura serale del Casinò, utilizzando l’autostrada.
Con il trascorrere dei chilometri la sua mente, che era quella di un buon autista e quindi in grado di estraniarsi dalla manovre di guida, vagò ancora verso quell’accidente temporale che gli era accaduto.
Ricordò di aver letto su di una rivista di divulgazione scientifica, solo pochi giorni prima, un articolo che trattava del viaggio nel tempo e, in un certo senso, egli si sentiva come uno di quegli ipotetici viaggiatori ( crononauti, li definiva la rivista ) di cui parlava il giornalista.
Riandando con la memoria al contenuto dell’articolo si rammentò che l’autore illustrava e giustificava il perché valenti studiosi ritenessero importante quel viaggio decisamente non usuale come banco di prova per le teorie fisiche più accreditate.
Ricordò anche di aver letto del tipo di situazioni paradossali che un evento così strano avrebbe potuto determinare.
La prima specie di evento assurdo generato dai viaggi nel passato e di cui aveva letto era noto come il paradosso della nonna: immaginate di salire, oggi, su di un marchingegno che vi catapulti, diciamo, indietro di 50 anni. Potreste in tal modo fare la conoscenza di vostra nonna ancora adolescente. Se voi in un attimo di pazzia uccideste la cara ava, dareste vita alla seguente curiosa situazione: vostra nonna è morta prima di sposarsi, e pertanto non ha avuto figli; in che modo potreste dunque voi esistere?
Nel paradosso della nonna il corso degli eventi non è autocompatibile, è viceversa contradditorio.
Ma anche le storie di viaggi nel tempo basate sul concetto di  autocompatibilità possono presentare caratteristiche decisamente poco credibili.  Supponiamo che voi poteste tornare nel Rinascimento e descrivere nei minimi particolari il quadro della Gioconda ad un certo signor Leonardo, nato a Vinci e decisamente sveglio, e che la persona appena citata si mettesse seduta stante a dipingere un quadro esattamente uguale a quello visto da voi nella vostra ultima visita parigina e, terminatolo, decidesse di chiamarlo Monna Lisa.  Il pittore avrebbe dipinto il ritratto grazie al vostro racconto, ma voi sareste venuti a conoscenza dell’opera solo dopo la sua creazione.  In questo scenario, pur non incoerente, l’informazione sembra tuttavia mordersi la coda, nascere dal nulla.
Enrico si ricordò anche di aver letto che questi due casi da manicomio, uniti ad altre motivazioni, avevano indotto un famosissimo cosmologo inglese a proporre la sua CONGETTURA DELLA PROTEZIONE DELLA CRONOLOGIA, secondo cui le leggi fisiche congiurano sempre per impedire i viaggi nel tempo in direzione del passato ( i viaggi nel futuro non danno problemi ).
C’era però anche qualche altro studioso, altrettanto noto, sostenitore della tesi secondo la quale questi viaggi erano non solo possibili ( in un modo o in un altro la logica del creato avrebbe evitato incongruenze ), ma anzi avrebbero consentito agli uomini del futuro di tornare indietro e dare
origine alla razza umana ed all’universo addirittura di generare se stesso.
Enrico si mise a riflettere su quanto aveva letto e ad immaginare situazioni nelle quali, invece di un viaggio temporale vero e proprio, il protagonista veniva a conoscenza di accadimenti futuri.
Si rese conto ben presto che era possibile, in tali situazioni, generare facilmente contraddizioni: se voi sapeste, con certezza assoluta, che domani uscirete di casa calzando scarpe blu, basterebbe scegliere poco prima di uscire di mettersi ai piedi quelle nere per creare un trauma temporale.
Arrivò a concludere che UNA CONOSCENZA DEL FUTURO TROPPO DETTAGLIATA E’ IMPOSSIBILE.
Non si può pertanto sapere nulla sul futuro, o perlomeno non lo si può fare in maniera sufficientemente accurata.  Ma egli conosceva invece nei minimi particolari un evento situato nel proprio futuro, e per un attimo gli venne la tentazione di giocare un brutto scherzo al signor Tempo, non recandosi al Casinò e causando un paradosso: non ci sarebbe stata nessuna vincita, in barba alla notizia del CORRIERE DI MEZZANOTTE.
Scartò subito però l’idea, perché il brutto scherzo lo avrebbe giocato a se stesso; fra il turlupinare il tempo restando povero e un milione di euro la scelta era scontata.
Continuò a procedere pertanto con il piede ben pigiato sull’acceleratore e, nel tardo pomeriggio, portò a termine il viaggio.
Due ore dopo, riposato e rifocillato, varcò l’ingresso della casa da gioco, sostò alla cassa per cambiare 10 euro ( quanto gli bastava ) in una sola fiche, attraversò il grande salone sfiorando i tavoli del black jack, dello chemin de fer, del poker e della ruota della fortuna, ed infine si avvicinò
all’ultimo in fondo, quello della roulette francese.
Si sedette a quell’ultimo tavolo, insieme ad altre nove persone.
Aspettando con ansia l’inizio del gioco immaginava quanti sogni avrebbe potuto realizzare con la stratosferica vincita: licenziarsi dall’alienante posto di lavoro, visitare numerose nazioni, acquistare una splendida casa ed usufruire di tanto, tanto tempo libero.
Finalmente il croupier diede inizio alla competizione ed egli, diligente, fece la prima puntata collocando la sua unica fiche sul rosso che, scrupolosamente, uscì.
Enrico ricollocò quindi le due fiches sullo stesso colore che non deluse le sue attese e così continuò a fare per una dozzina di volte.
Al termine di questa processione rossa si ritrovò in possesso di tante fiches per un controvalore complessivo di ben 40.960 euro, e gli balenò di nuovo per la mente la pazza idea di ritirarsi con quella somma e causare uno strappo nella logica che governava l’ordine cronologico degli avvenimenti.
Dovete però sapere che un altro giocatore aveva seguito le mosse del nostro amico ed ora si trovavano in due ad essere in possesso di 41.000 euro da reinvestire nella roulette.
Enrico pensò dunque che se non si fosse sbrigato a puntare sul 18 questo sarebbe stato proprio il numero scelto dal suo concorrente, il quale sarebbe diventato il vincitore festeggiato dal giornale.
“ Messieurs, faites votre jeu ”  pronunciò il croupier in un francese impeccabile.
Enrico si affrettò a sistemare sulla diciottesima casella tutte le sue fiches e, quando vide l’altro signore collocare i suoi averi sul 13, si rilassò.
“ Rien ne va plus! ”.  La pallina iniziò la sua interminabile passeggiata.
Tutto ora si presentava di una chiarezza cristallina: avevano ragione i fautori dell’impossibilità di prendere in castagna il tempo.  In qualche modo, calcolabile o meno, l’universo sa come deve comportarsi: non possono nascere contraddizioni.
Se lui non avesse puntato sul 18 lo avrebbe sicuramente fatto il signore dall’abito blu, ma poiché egli era stato più lesto l’altro giocatore aveva trovato la casella zeppa delle fiches di Enrico ed aveva ripiegato sul 13.
Pertanto il suo concorrente era destinato ad essere colui che, come riportato nell’articolo del CORRIERE, aveva perso nell’ultima giocata tutto quanto vinto in precedenza.
La pallina intanto, incurante della trepida attesa delle persone attorno al tavolo, ruotava e girava, girava e ruotava.
Sì, sarebbe uscito il 18 e lui, Enrico Neri, avrebbe intascato la somma gigantesca riportata dal quotidiano quella stessa mattina.
Già, non si poteva ingannare il tempo!  Le cose sono così come sono perché erano così come erano ( o, se preferite, saranno così come saranno ).
La pallina, senza fretta alcuna, stava per terminare la sua infinita spirale avvicinandosi al rendez vous col numero 18, appuntamento che lo avrebbe reso ricchissimo.
Non si può ingannare il tempo: ERA GIA’ TUTTO SCRITTO ( sul giornale e nel tempo ) PER SEMPRE.    Così sarebbe accaduto, era destino!
Enrico osservava le ultime giravolte della pallina senza più ansia, calmo e distaccato come chi guarda un treno procedere senza sorprese su binari fissati una volta per tutte, immobili.
La pallina, con un piccolo sussulto finale, si fermò.
Il croupier, con il tono uniforme di chi ha pronunciato simili frasi migliaia di volte, annunciò: “ 13,  dispari, nero, manque ”.
Enrico sentì mancare il pavimento sotto ai suoi piedi, doveva trattarsi di un brutto sogno!
Non era possibile, non poteva essere così! 
Non si può cambiare ciò che, a caratteri indelebili, il grande scoppio primordiale ha impresso nelle pagine del libro degli eventi, passati o futuri che siano.
NON SI PUO’ COMBATTERE CONTRO IL BIG BANG!
Nell’articolo di cronaca c’era scritto che DOVEVA uscire il 18, che ERA uscito il 18!
Cosa era successo?    Enrico rimaneva seduto al tavolo della roulette, mentre i frequentatori abituali del Casinò avevano circondato il signore dal vestito blu e non finivano di complimentarsi e congratularsi con lui.
Enrico non riusciva a capire.   Cercava di trovare una spiegazione logica per la disgrazia successagli: in poche ore era passato da povero a virtuale, anzi sicuro, miliardario, per poi piombare nuovamente nella povertà e nello sconforto. Non riusciva proprio a capire.
Il signore nell’impeccabile abito blu continuava a sorridere a destra e a manca ed a stringere mani destre ed anche sinistre; ogni tanto gli lanciava una breve sbirciata, piena di compassione.
Enrico stava immobile, seduto a pensare. 
Ritornò con la mente a come tutto fosse iniziato quella stessa mattina alle sette, col solito giornale e quella data, 12 ottobre 2003, che egli riteneva contenesse un errore di stampa.
Già, un ERRORE DI STAMPA, ma certo!
Aveva finalmente compreso l’accaduto: certo che c’era un errore di stampa nel quotidiano, solo un piccolo, insignificante, ridicolo errore, una quisquilia.  Evidentemente il tipografo aveva scambiato il 13 riportato a mano dal giornalista, con la cifra del 3 scritta troppo accentuata a sinistra, per un 18. Un 3 malfatto può facilmente essere interpretato come un 8.
Un milione di euro sfumati.
Andati in fumo per un piccolo, microscopico, stupido…….ERRORE DI STAMPA !
                                        
Ma non si può combattere contro il Big Bang.



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