lunedì 1 gennaio 2018

PIETRO RAINERO: "NERO WOLFE E LE API", RACCONTO


                        NERO WOLFE e le api

Pietro Rainero,
collaboratore di Lèucade



Suono il campanello: mi viene ad aprire Fiorella, la solerte ed efficiente segretaria di mia moglie.
Strano, di solito lei alle 18 lei finisce il turno pomeridiano e rientra al suo paese.
Oggi però sono le 19 e trenta.  
“E' al telefono” mi dice.
“Va bene, aspetto qui” e le indico il divano.
Come tutte le sere sono passato a prendere la mia metà per accompagnarla a casa. Mi siedo in sala di attesa e prendo in mano una rivista per sfogliarla, ma lo sguardo mi cade sul decalogo per il Cliente appeso al muro: mi è sempre piaciuto il punto sei, che dice Non chiedere profezie all'avvocato. Se fosse profeta egli non farebbe l'avvocato.
Anche il quinto non è male: Evita di obbligare l'avvocato a ripeterti le cose ad ogni tre giorni: lascia che serbi la sua pazienza per i giudici, per gli avversari e per le cause.
Quando apro la rivista risuona il campanello.
Mi alzo ed apro la porta.   Quadro!   Resto inebetito dallo stupore: sulla soglia due personaggi riconoscibilissimi, Archie Goodwin e Nero Wolfe!!  
Nero Wolfe, non al pian terreno della sua vecchia casa di arenaria nella Trentacinquesima Strada Ovest di New York, ma al terzo piano di Corso Dante 28, nella mia città natale!
Io sono a bocca aperta: ecco perché Fiorella è ancora al lavoro.    Ed arriva subito, esclamando:
“Buonasera, siete in perfetto orario. L'avvocato vi aspetta, venite. Accomodatevi”
Wolfe fa scorrere lo sguardo su di noi e agita un dito.  L'atletico Archie, agilissimo, si fionda nella stanza di mia moglie, seguito dal suo sferico signore e padrone che, data la mole, è molto meno disinvolto nell'incedere e nel percorrere il corto corridoio.
Incredibile, mia moglie stava aspettando Nero Wolfe!
Mentre la porta si chiude non resisto e mi avvicino alla stanza cercando di origliare.
Seguo attentamente le manifestazioni sonore. Nell'ordine: lo scricchiolio della poltrona che riceve i centocinquanta chili di stazza del più famoso investigatore del globo, un versaccio simile ad un grugnito e la voce di mia moglie che dice educatamente:
“Buona sera, gradite qualcosa?”
“Buona sera a lei, avvocato. Una birra, se non le è di troppo disturbo, marca Tuborg ” risponde il pachidermico investigatore.    
“Per me invece nulla, grazie” aggiunge Goodwin.
“Fiorella... di là c'è Piero?” chiede mia moglie.  
“Sì, Glielo dico”.
Appena Fiorella esce dalla stanza le faccio segno che mi occuperò io della bevanda.
A malincuore scendo al bar lì vicino, all'angolo di via Togliatti, per ordinare la Tuborg e sentirmi dire dal barista che ne è sprovvisto.   
“Va bene, allora mi dia una Carlsberg, per piacere”.
Pago, esco, risalgo rapidamente in studio, consegno la bottiglia a Fiorella e mi avvicino di nuovo alla porta della stanza principale, giusto in tempo per sentire il più grande (in tutti i sensi) investigatore del mondo che fa i complimenti a mia moglie per l'orchidea posizionata sulla scrivania, una Habenaria Radiata, una rara specie asiatica molto bella, almeno a parere di Wolfe.
“Me l'ha regalata mio marito. Quando eravamo fidanzati mi sommergeva di fiori”.
“A proposito di fiori”  interloquisce Goodwin “dalla nostra conversazione telefonica, quando ci ha contattati, so che le serve il nostro aiuto per una questione di api”.
“Sì, certo; ecco di cosa si tratta. Adrian Lowell, un colonnello dell'esercito in pensione, alle sei e mezza del mattino del 16 novembre scorso, come sua abitudine quotidiana, stava facendo una passeggiata in Central Park, per di più una passeggiata a quattro zampe anzi che due. Le quattro zampe, di sua proprietà, rispondevano al nome di Galileo, e Lowell le teneva presso l'Accademia di Equitazione Stillwell, ad ovest del parco, nella Novantottesima strada.
Quaranta minuti più tardi, alle sette e dieci, Galileo è sbucato dal parco senza nessuno in sella ed è tornato verso la scuola di equitazione. Dopo tre quarti d'ora una guardia ha trovato il cadavere di Lowell dietro a dei cespugli, a pochi metri dal sentiero riservato ai trottatori, all'altezza della Novantacinquesima strada. L'autopsia ha dimostrato che la morte del colonnello è dovuta ad uno shock anafilattico, probabilmente in seguito ad una puntura d'ape, visto che sul luogo, tra i cespugli, è stato rinvenuto uno sciame di questi insetti”.
“Cose che possono capitare” è il commento del Re degli investigatori..
“Le dico la verità, signor Wolfe, sono convinta che la cosa sia stata fatta capitare, sono sicura che si tratta di un omicidio!”    
“Uhm... e perché è giunta a questa conclusione?”
“Vede, il signor Lowell, insieme ad altri due suoi cugini, Theodore Eads e Frank Broadyke, è l'erede di un ricchissimo industriale, Peter Hagh, della dichiarazione di successione del quale io mi sto occupando per incarico del signor Eads”.
“Ah, il signor Eads l'ha contattata forse dopo che tutti i giornali hanno parlato di come Lei ha magistralmente condotto la successione di quei due coniugi... con nove eredi.. qui in Italia”.
“Sì, in un paesino non troppo lontano da qui. Comunque.. il mio Cliente, l'architetto Theodore Eads, è convinto che il signor Broadyke, apicoltore nel New Jersey, abbia deliberatamente architettato l'omicidio di  Adrian Lowell usando un nugolo di api! Adrian Lowell era allergico in modo estremo alle punture di insetti, e questo fatto era noto a tutti i parenti. Con la morte di Lowell, la quota di successione ereditata dai cugini aumenta e diventa una eccezionale fortuna. Tra l'altro, come capirà, il mio Cliente è anche preoccupato per la sua incolumità. Siamo arciconvinti che sia un omicidio”. 
“Il problema è che non possedete uno straccio di prova che è una” prorompe Archie.
“Devo dire la verità, Vi ho contattati proprio sapendo della bravura del signor Wolfe e sperando in un Vostro valido aiuto. Vedete, non possono esserci api a Central Park: non ci sono arnie nel parco ed intorno sono tutti grattacieli, inoltre non ci sono altre zone verdi nel raggio di molti chilometri”.
“Già, e le api si spingono al massimo a 3 o 4 chilometri dalle loro casette, oltre i 5 chilometri praticamente tutto il nettare che portano nell'arnia è perso” conclude Wolfe che, evidentemente, sa tutto anche su questi piccoli insetti, oltre che sui fiori.
“Per cui” riprende la mia metà “a Central Park non possono esserci api, eppure c'erano!”.
“Devo ammettere” dice gravemente Wolfe “che Lei, avvocato, mi presenta una situazione originale e professionalmente oltremodo interessante”. 
A questo punto segue una lunga pausa, e dopo un po' Goodwin commenta, rivolto a mia moglie: “Quando le sue labbra cominciano a muoversi, sporgendosi in fuori, venendo risucchiate dentro e così via, il suo cervello è al lavoro”.
Io invece mi sorprendo a pensare vuoi vedere che stavolta il grande, immane Nero Wolfe viene sconfitto dalle piccole, minuscole api?  
Forse questa è anche l'opinione di  Archie, perché commenta:
“E' un vero e proprio rebus irrisolvibile”. Ma dopo qualche altro attimo il grande detective chiede: “Possiamo usare il Suo computer, avvocato?” 
“Certo”
“Bene, Goodwin, vada su Google maps”
“Fatto”
“Ora inquadri Central Park e poi usi lo zoom per ingrandire la vista dall'alto”.
Cosa che evidentemente il fido Archie fa, perché il suo capo chiede:
“Ha una lente, avvocato?”
“Sì. Tenga”
“Uhmm … vediamo... dunque...Come diceva un mio collega, però lui frutto soltanto della fervida fantasia di Conan Doyle, elimina tutti gli altri fattori, e quello che rimane deve essere la verità...” e dopo un poco aggiunge “Ecco! Come pensavo!”
“Non mi dica che ha risolto il caso!” è l'esternazione di Archie.
“Certo. Le case delle api, le arnie, non sono né nel parco né dentro i grattacieli, quindi....”
“Quindi... cosa?” chiede mia moglie.
“Quindi possono stare solo sui tetti dei grattacieli! La vede questa costruzione a destra? Se guarda attentamente con la lente noterà  tanti piccoli rettangoli scuri, che secondo me sono le arnie viste dall'alto. Faccia qualche indagine, scoprirà che il signor Broadyke ha affittato nelle settimane scorse un appartamento in questo immobile, per avere l'accesso al tetto e posizionare le case degli insetti. Vedrà che ho ragione.”
“Si fidi, avvocato” conclude Goodwin  “il mio capo non sarà un esempio di cortesia verso gli altri, ma è un genio. Le manderò poi con comodo la parcella, grande come la considerazione che Nero Wolfe ha di se stesso”.
“Non penso vi siano problemi, il mio Cliente è ricco e tra un po' lo sarà ancor di più. Per ringraziarvi del disturbo e della consulenza sulle api, intanto, ecco qui un bel vasetto di miele. Proviene da un paesino qui nei dintorni, me lo ha portato la mia segretaria. Buona serata.”
“Un'ottima idea, spiritosa. Buonasera anche a Lei.” è il commiato dell'investigatore (quello grande) che lascia la poltrona, sofferente poverina, per causare, avviandosi all'uscita, un terremoto nel corridoio, tra un sobbalzar di quadri ed un oscillar di lampadari. Dopo i saluti di rito verso di me e Fiorella, Archie chiama l'ascensore e vi fa entrare il grande capo, il quale afferma:
“Non posso rifare da solo la discesa fino al piano terra. Non mi lasci, Goodwin!”.
Ma quest'ultimo schiaccia il pulsante e il trabiccolo parte mentre Wolfe urla “Archie! Archie!! Archie!!!”
“In due non ci stiamo, e poi fare le scale mi farà bene” risponde l'atletico assistente buttandosi per i gradini ed esclamando “vediamo chi arriva prima”.
E mentre lo vedo che divora le rampe del palazzo e penso a come il mio investigatore preferito ha brillantemente sconfitto le api, in pochi minuti, semplicemente grazie ad una telecamera posta su un satellite, sento la voce di mia moglie che nello studio dice al telefono:

“Pronto, polizia di New York? Passatemi l'ispettore Cramer o, per lo meno, il sergente Stebbins. E' urgente; chiamo dall'Italia, sono l'avvocato ….” 

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