giovedì 8 febbraio 2018

N. PARDINI LEGGE: "ACQUERELLI E MODULAZIONI..." DI EGIDIO CAPODFERERO



Acquerelli, puntacapo editrice, 2016

Modulazioni sul verde,Edizioni Eracle, 2017












Mi sono arrivate oggi mercoledi 7 febbraio due opere di Egidio Capodiferro. Una editata per i caratteri di Puntacapo Editrice di Crisina Daglio, l’altra per i caratteri di Edizioni Eracle. Fin da subito appare chiaro e immediato lo stile fluente, morbido, e armonioso dell’autore che nella prima Opera Acquerelli si abbandona ad una narrativa di stampo poetico per la sua generosità esplorativa. Il poeta lascia, nella prima parte, la sua impronta metamorfica in tanti quadretti che concretizzano riflessioni e considerazioni sulla vita e tutto ciò che le fa da contorno: Alba, Campagna, … In cucina, La chiese,… Este, Città… Una varietà di rappresentazioni sceniche volte a delineare un animo in simbiotica fusione con le bellezze della natura, ma  anche con un realismo che non si presenta incolore, che, anzi,  rivela melanconici stati d’animo per la sottrazione di spazi una volta liberi e fioriti. Questo un po’ il filo conduttore. Segue nella stessa opera una seconda parte di poesie brevi e incisive; des miettes che denotano padronanza versificatoria e sostanza emotiva:

Era gennaio
sugli occhi il bianco greve,  
sui rami muscoli di neve.

Ammicchi di sinestetiche  allusioni e di metaforica creatività contribuiscono a dare al dettato poetico un  personale ed originale contributo lirico.
L’ispirazione di questa parte anticipa il nocciolo intimistico della seconda opera: Modulazioni sul verde. Capodiferro in uno stile vario e articolato travasa tutto il suo essere in oggettivazioni di ontologica connotazione. Attraverso le quattro sezioni dell’opera attua un climax di urgente valenza spirituale; sì, proprio un crescendo di impatti emotivi, esistenziali, panici che si concludono nell’ultima sezione Rubini di brace dettati da osservazioni acute atte a cristallizzare emozioni e pensieri. La sua poesia raggiunge momenti di alto spessore estetico soprattutto quando si fa breve, apodittica, conclusiva; quando il poeta affina la lama per ritagliare nella natura  spazi che lo riportano a memorie di lune, brughiere, ombre di pino, o a tramonti d’inverno. E’ là che il poeta fa riposare la sua anima; è là che trova quel connubio di “Naturalia” evasione per incontrare la parte più segreta del suo esistere.


Nazario Pardini

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