Note Critiche



Premiazione a Villafranca di Veronma
Sulla sua produzione letteraria hanno scritto, tra gli altri: L.F. Accrocca «[…] Poesia, quella di P., di indiscusso valore estetico, facilmente riconducibile a tutte le istanze esistenziali della nostra ultima vicissitudine letteraria. […] Visualizza gli impulsi dell’anima in incisioni semplici e lapidarie capaci di arrivare con immediatezza alla sensibilità di ognuno di noi […].»; G. Albanese «[…] L’orizzonte del poeta è ancora e sempre la sua terra: la “grande plaine” battuta dal vento salmastro dove l’anima “ouvrira largement ses ailes de corbeau”. […] I suoi “Suoni di luce ed ombre” scandiscono la vita di un piccolo uomo, con i suoi amori e i suoi sperdimenti, nell’antica comunità di un paese come tanti, stretta intorno al canto del pievano, alla povera chiesa di campagna per esorcizzare le angosce sublimi di una natura panica che circonda e rapisce nel vortice senza tempo dell’eterno. […]»; E. Andriuoli «[…] Una poesia cordiale, dai ritmi ampi e distesi, è quella che ci offre P. nel suo nuovo libro Canti d’amore. La donna evocata da Pardini si chiama Delia, eco tibulliano, ed emerge fresca e viva, perché idealizzazione e simbolo che racchiude nel suo contesto amore, giovinezza, vita, memoria, spensieratezza e, perché no, quel substrato di flebile malinconia sul tempo che corre. […].» - «[…] Ciò che subito si avverte dalla lettura delle opere pardiniane è la grande musicalità che promana dai suoi versi, costruiti con notevole perizia tecnica […].»; S. Angelucci [Alla volta di Leucade] «[…] Quest’ultima considerazione ci proietta, quasi senza accorgercene, sul versante formale: siamo al cospetto (sia per l’uno che per l’altro volume, Alla volta di Leucade e Canti d'amore) di un versificare elegantissimo: il ricorso al metro tradizionale, l’endecasillabo, non è mai manieristico ma sempre sostenuto dalla necessità che il canto sia il più equilibrato ed armonico possibile (“ciò che subito si avverte dalla lettura. . . è la grande musicalità che promana dai suoi versi”, v. nota critica di E. Andriuoli). Alla stessa esigenza rispondono le figure retoriche e, non di rado, l’uso dell’enjambement che contribuisce, a nostro avviso, in modo determinante, alla fluidità ed al felice dispiegarsi dell’elaborazione poetica. Cos’altro aggiungere se non ringraziare l’autore per averci offerto l’opportunità d’ascoltare una voce, troppo spesso mistificata, che riconosciamo distintamente come l’unica, inconfondibile voce del vero. Saremo di parte, ma quando s’incontra un poeta come P. ci si sente più vivi e meno esposti ai soprusi di chi, ogni giorno, fa di tutto per offendere la poesia.»; P. Balestriere [Alla volta di Leucade] «[…] E che ricchezza poetica, che spessore creativo in quest’opera densa e omogenea sotto il profilo dell’ispirazione! […] Ci troviamo di fronte a una poesia piena e matura, descrittiva e riflessiva, di assenze e di ritorni, di scoperte e di stupori, di ricordi e, talvolta, di rimpianti. Eppure la rievocazione non è mai fine a sé stessa: immergersi nel passato non solo consente al poeta di recuperare e rivivere esperienze e sensazioni, di aver consapevolezza del fluire delle cose, ma anche di indagare la singolarità, e quasi la fissità, dell’attimo, numero primo e realtà indivisibile della vita dell’uomo. Inoltre, la natura. Si tratta di una presenza sostanziale e dialettica nell’intero iter creativo del poeta di Arena Metato, che ad essa fa riferimento prima e più ancora che agli esseri umani; la natura come magna mater, compagna di viaggio, presenza vitale; come vigore, misura, bellezza; come maestra, esempio, monito. […] Ma torniamo a Leucade, alla luminosità del sogno, alla dimora dello spirito, all’avvincente grazia e nitidezza del mondo classico rivissuto dal poeta con grande acutezza, padronanza e personalità, se convoca e coinvolge nel canto i grandi poeti dell’antichità, se dà loro voce per esprimersi, se affianca ad essi i classici moderni, se degli uni e degli altri recupera forme, stilemi, spunti, provocazioni poetiche insomma, per dare vita a testi squisitamente suoi, a versi che scuotono l’animo e comunicano sensazioni irripetibili. […]» - «...proprio oggi ho ricevuto la tua lettera che ho immediatamente aperta. Ho letto con curiosità e attenzione la tua recensione; ti confesso, mi ha coinvolto e mi ha costretto a riflettere. Trovo che hai fatto un ottimo lavoro, cogliendo una serie di aspetti del mio stile e della mia poesia che ad altri sono sfuggiti. A te, no. E mi compiaccio della tua acutezza critica, della quale peraltro non dubitavo. È stato per questo che, prima di partire da Ischia per Villafranca, ho messo in borsa una copia della mia ultima pubblicazione destinata a te. Ti ringrazio, dunque, per la bella recensione. E mi auguro di rivederti, prima o poi, magari a qualche altra premiazione.»;

I Templi di Paestum

G. Bárberi Squarotti [L'azzardo dei confini] «Caro P., ho letto la sua raccolta di poesie con molta emozione e altrettanta commozione. Ella sa raccontare suasivamente e dolcemente la vita fra memoria e riflessione, senso del tempo perduto e rimpianto, accettazione e pacificazione dell’anima e dei sensi. La sezione Ombre, in particolare, è bellissima. Grazie del dono. Con i più vivi saluti.» - «Le sono grato del preziosissimo dono delle Sue due raccolte di versi: con grande gioia e con emozione ho ritrovato viva e fervida la bellezza antica in questi tempi tetri e molli. La Sua poesia è splendida: classica è la misura (oh il perfetto endecasillabo), arduo e luminoso è il linguaggio. Ammiro in particolare Alla volta di Leucade, le stagioni, le invocazioni, e le evocazioni della Liguria montaliana, Venere di settembre. È una poesia che sento tanto a me vicina. Con la speranza di qualche nuova occasione d’incontro e con i più vivi saluti.»; C. Baroni [L'azzardo dei confini] «In questo suo ultimo libro P. mescola poesie recenti ad altre più datate.[…] Tra i due estremi un’infinita gamma di variazioni prosodiche di suggestivo effetto musicale ci mostra l’indiscussa abilità del poeta nel giocare con le parole piegandole al suo volere e introducendo anche diversi neologismi. Comunque è sempre l’endecasillabo, anche se spezzato in vari modi, a far da base alla sua melodia.[…] È l’anima, quindi, che sta azzardando tutti i confini dell’essere, un’anima in espansione come lo può essere quella di un poeta, e che infine, prima o poi, tornerà nel suo alveo naturale a fare i conti con la banale quotidianità della vita. P. ha una sua concezione particolare della poesia: qualsiasi argomento voglia trattare deve passare attraverso il tutto della memoria. Infatti la memoria non raffigura ma trasfigura: il ricordo diventa come una specie di duna su cui, con il tempo, altra sabbia si sedimenta. Mutandone i contorni e la forma. […] Va inoltre evidenziato il grande amore per la natura di P. che è lo specchio deformante su cui egli proietta i propri sentimenti, il tramite attraverso il quale si porge indirettamente al lettore per quella sorta d’innata pudicizia che lo trattiene dallo svelarsi completamente.» - «Questo libro di poesia di P. Alla volta di Leucade è stato amore a prima vista per il verseggiare fluido ed estremamente armonioso. L’autore concepisce la poesia come la concepisco io, ossia principalmente come musica. […] Ma Pardini non è solo questo. La galoppante armonia si fonde con un susseguirsi di rappresentazioni di ciò che ci circonda, metafora di sentimenti e stati d’animo. L’intercambiabilità – o forse meglio la simbiosi – del linguaggio di ciò che afferisce alla sfera spirituale con quello di quanto è invece solamente esterno costituisce la maggiore peculiarità della poesia di questo autore che lo avvicina, a volte, al primo Luzi, quel Luzi che non avrebbe mai vinto il Premio Nobel perché la bellezza dei suoi versi è intraducibile nelle altre lingue. […] C’è quasi una sorta di pudore in lui nel descriversi, nel mettere a nudo la propria anima e pertanto tale compito viene affidato alla natura che lo circonda, questa natura spesso nostalgicamente dolente anche quando le immagini sembrano festose. […] Perché è in ultima analisi la natura l’amante segreta, quasi da quadernetto gotico, che l’autore ripropone in tutte le sue varianti, in tutti i suoi aspetti come può fare soltanto chi ne è profondamente innamorato. […] Ecco il carattere universale della poesia o meglio della vera poesia: la sensazione di appartenenza, di immedesimazione che infonde in chi ci si avventura. E allora perché Alla volta di Leucade la roccia bianca dalla quale, secondo la versione di Ovidio, si gettavano gli innamorati infelici? Non già per seguire l’esempio di Saffo e dimenticare ma, come Saffo, per non essere dimenticato. E P. ne ha tutto il diritto »; I. Bonassi «Una voce poetica d’indubbia espressività, che non concede molto ad oscure metafore, spesso inutili orpelli che fanno da cornice vistosa ad un povero costrutto […].»; N. Bonifazi «Procederemo dunque per categorie, che attengono a circostanze varie, culture professionali, tradizioni regionali, oltre che a tendenze artistiche comuni, e magari anche a qualche genere letterario o tipo di discorso, come quello satirico o quello amoroso. E la prima che vogliamo proporre è una categoria tradizionale tra Ottocento e Novecento, dal Carducci e dal Pascoli in poi fino ai contemporanei Edoardo Sanguineti, Mario Luzi, e Andrea Zanzotto (per restare ai più noti), quella degli insegnanti. […] Una traccia del discorso didattico rimane costante nei poeti legati alla mentalità dell’insegnamento, come è inevitabile in quasi tutti una sorta di esame di coscienza e di analisi della propria vita, che può risalire in vari modi fino all’infanzia o alla fanciullezza studiosa. A ciò si aggiunga l’effetto di profondità di pensiero e persino un vago sentimento d’infinito e di eterno, che è prodotto efficacemente da una solitaria riflessione e meditazione interiore, quasi petrarchesca (“in interiore homine”), insieme ai più variegati toni elegiaci e nostalgici. La solitudine, infatti, anche se non esplicita, è spesso presente nelle pieghe e nei risvolti di questi poeti, malgrado gli impegni culturali e altre attività anche artistiche che essi coltivano. Ciò non toglie che nei loro versi si possa spesso rilevare una capacità veramente giovanile di soluzioni stilistiche e di temi, che stupiscono. È il caso di P., il professore pisano, un nome ormai illustre, poeta e traduttore, e critico, il cui classico e intenso discorso poetico in endecasillabi indugia con senso profondo sull’alternarsi dei giorni e delle stagioni.»; L. Bruno [dalla postfazione a Le simulazioni dell’azzurro] «[…] L’intelligenza di P. ascolta gli indizi del mondo, ogni istante è rivelazione: s’affina a quei richiami, li fa suoi. Ne dà prova incessantemente in tutte le sue opere, ad esempio, con quei sedici felici versi di È un tempo in bilico della raccolta “Le simulazioni dell’azzurro”. Suoi divengono i miti, le leggende, gli dei. Chi ancora non avesse letto il suo testo Alla volta di Leucade, lo faccia ed indugi sulla finezza della Forma – preziosa eredità di un universo di cui egli sente di esser figlio. […]» - (da: “Hyria”) «La bellezza ed il livello della poesia di P. sono tali che – parlandone – vuoi per emozione, vuoi per entusiasmo, si rischia di apparire retorici, poiché non è improprio pensare ad Euterpe piuttosto che ad Erato, né lo è volare fino a Mercurio, alla sua tartaruga, alla sua lira… tanto più se, a fine lettura, suggestionati da un titolo come Alla volta di Leucade. […] Le mille ed una scheggia della sua sensibilità, P. le esterna grazie a vene d’amore: per la Natura (dove Settembre impera in sempre rinnovata metafora del nostro – diremmo – Grande Tramonto) e per le cose semplici (dove ogni articolare assurge a dignità di sentimento); ed, ancora, per poeti greci ed antichi miti (che sembrano richiamo a migliore poesia). Schegge, con cui il poeta crea unità d’abbraccio verso ciò che – nel bene e nel male – è, comunque, “superbo dono”: la vita.»; D. Carlesi «Al di là della proiezione di una visione, che il lettore ha il diritto di crearsi autonomamente, non bisogna dimenticare quali potenzialità porta in sé il linguaggio poetico: anche quando P. insiste con la successione comunicativa di situazioni memoriali dell’infanzia, della sua storia, del suo vissuto in generale, egli riesce quasi sempre a lasciare spazio al lettore in modo che egli possa creare associazioni nuove e non chiudersi nella sfera di un privato che può non arricchirsi del valore della storia in cui quel privato ha acquistato un senso [...]. La parola è modificabile. E anche la potenzialità creativa. La scrittura non solo ruota attorno ai problemi, ma li affronta, li morde ne fa giusto e nobile scempio, in nome della poesia. [...] Il dubbio torna ad essere compagno di lavoro e la realtà, che attraverso il sistema sensoriale giunge come messaggio motivato ai circuiti cerebrali, viene rielaborata in pensiero e in parole, aggiungendovi anche il complesso delle emozioni che vi stanno dentro e attorno. [...]» - «[…] P. ha tale sensibilità musicale, padronanza lessicale e un senso panico ancora così felicemente vivo da farci pensare ad una poesia sempre vicina alla natura e all’uomo, in quel colloquio lacerante che il destino ha assegnato a ciascun essere umano. […].»;

Premiazione al Premio Violetta di Soragna

M.L. Daniele Toffanin «Ti ringrazio per il dono della tua recensione a Fragmenta, che aggiunge altre preziose note sulla mia scrittura da te già esaminata con vera competenza nella prefazione a Iter ligure che, dopo Pisa, è stato presentato anche a Padova da Mario Richter che molto ti stima. […] Ti spedirò gli annunci (delle altre presentazioni) con la speranza che tu, da lontano, possa partecipare agli eventi con la forza dell’amicizia che la poesia può generare tra anime affini. Ho avvertito questo leggendo il tuo Radici in cui ritrovo molto di me, del mio sentire. Ti dico con semplicità, senza alcuna pretesa critica, dell’incanto da te ricreato nel Rientro degli uccelli che a sera ritornano ai nidi: un fermento che coinvolge i cieli e la terra e sempre mi commuove in qualsiasi luogo io sia: a Tindari, in Liguria, per i colli euganei, in montagna, in giardino. Ti dico delle atmosfere che recuperi attraverso segni-colori (la curva vede delle avene, i profumi erbali, profili di persone care), rivelando in parte il segreto delle cose sempre con quel riserbo, quel pudore (ben sottolineato dai recensori) che è proprio dei Grandi di fronte al mistero della vita. E nei tuoi versi tutto mi appare vicino, quasi afferrabile, ma anche lontano, sospeso in un tempo senza tempo, in una ritrovata innocenza primordiale. E la parola, modulata su registri diversi, è corpo vivente, espressione di memoria (il tuo vissuto e la tua terra) e l’insieme delle tue radici culturali esaltate in una continua tensione all’ideale, parola sempre autentica nell’armoniosa resa metrica. […]»; N. Di Stefano Busà «[…] In P. il procedimento ispirativo è spesso coadiuvato da una controllata ed esplicativa opera di scavo […]. L’autore possiede un’abilità lessicale sorprendente. Lo stile sempre scorrevole e nitido sa evocare la complementarietà del paesaggio d’anima, innestato in quello della natura. La trama poetica sa racchiudere schegge di emozioni tra passato e presente, rivisitando i luoghi del ricordo e della memoria con una simbologia panica di grande spessore emozionale […]. Nell’esaminare i testi di P. si ha la certezza che egli non appartiene a scuole o a gruppi di questa o quella corrente. Il suo canto sgorga sincero, troppo certa è la penna, troppo incide la parola sul foglio bianco […].»; C. Duma (Premio Letterario “Athena”, Galantina) «La poesia di P. è superba, seducente, di rara e fine bellezza. Il verso scorre fluido e libero, senza particolari forzature ed alchimie metriche; […] L’Ulisse presente nel P. porta il poeta a spingersi al di là delle mitiche colonne d’Ercole della vita e a prepararsi ad affrontare con vela gonfia in petto il futuro e suggestivo Ignoto Eterno.»; P. Fabrini «[…] L’uso di moduli espressivi di raffinatezza iperletteraria sottolineano una sensibile auscultazione della natura; la familiarità quotidiana risulta straniata da “immagini antiche” scaturite dalla memoria. La singola parola viene abilmente elaborata, resa evocativa, dislocata sulla pagina, diversificata nel suo corpo tipografico, con sapiente perizia di artefice[…].»; R. Gambini: «La poesia di P. è opulenta: la rendono ricca le metafore originali e profonde, il lessico vario e appropriato, l’abile incedere di un ritmo interno al verso, che fa diventare agile la lettura, le immagini precise nonostante i contorni evanescenti, i sentimenti profondi. Non può passare inosservata neppure al più distratto lettore la lunga consuetudine alla lirica, la capacità di cogliere immediatamente le sensazioni e di trasformarle in versi che altrettanto immediatamente le sanno trasmettere a chi le legge. […]»; (Premio Letterario “Il Golfo”) «Limpida e serena, la poesia di P. è intessuta dei suoni e dei gesti della sua Toscana. I merli della cinta muraria, le campane della chiesa, i filari dei pioppi, i colli e il piano, in lontananza il mare, segnano i confini di un mondo che si estende e li travalica grazie alla forza e all’universalità del sentimento. […] Le venti liriche della silloge Elegia per Lidia si leggono con piacevole scorrevolezza, poiché parlano un linguaggio ricercato, ma accessibile a tutti.»; G. Giacalone «La memoria sola sconfigge la morte. Questo potrebbe essere definito il tema essenziale di questo straordinario poeta, il quale ha il pregio unico di saper amalgamare in perfetta compattezza stilistica e unitario canto lirico, non soltanto la memoria delle sue umane passioni, i cui elementi di paesaggio si ridimensionano in cromatiche rivelazioni metaforiche, ma anche la memoria dei classici greci e latini, o di Dante, Leopardi e Montale, con cui compie operazioni originali di dissimulato confronto. Questo fascino insolito, in cui l’amore per la poesia antica si arricchisce dell’estrema intensità della vita moderna, fa di P. un vero poeta”.».

Premiazione a Paestum

S. Guerrieri «P. tramuta leonardescamente il mondo esterno in personali moduli mentali, si fa interprete fra natura e arte ... il linguaggio è vivo e allusivo, ricco di istanze verbali tendenti al figurativo, al simbolico .... che proviene dalle composizioni sinfoniche di cromi teneri in germoglio vibranti di echi di memoria […].»; C. Lapusata «[…] Il tutto è sapientemente orchestrato con versi di ritmica plasticità, col retroterra di una assimilata cultura classica e una parola sempre vigile attenta ... che conferisce alla poesia di P. il diritto di elevazione al Parnaso degli autentici poeti del nostro tempo, soprattutto quando il poeta affronta le tematiche erotico-amorose, che non riguardano solo il femminile, ma il tutto: la natura, la religione, il mondo nella sua misteriosa complessità […],»; A. La Rocca «[…] Si individuano nella poesia di P. una dignità, un ritegno, un pudore, ecco, forse proprio un pudore, che conferiscono al dettato una sorta di autonomia espressiva, di nobile idioma, che si fa ammirare, certo, ma tiene, e si tiene a rispettosa distanza; distanza demarcata, tra l’altro, dall’uso di voci inconsuete (robbio, scancìo, butti, autunnare...). Così il poeta, anche per la sorvegliata incidenza dell’io, sembra scrivere o dipingere – pitture sono tante nella sua poesia – con aste o pennelli lunghissimi, e molto distanziato dalla tela; non si fa fatica ad immaginarlo con tuba e frac attillati, lucidi, piuttosto che col classico grembiule multicolore di strisci. Il risultato è una poesia, che percorsa da una memoria soffusa, delicata è tenero bisbiglio più che declamazione stentorea. […].»; G. Luti «Ci sono nel libro di P. che si intitola Alla volta di Leucade quattro poesie che fungono da introibo e sono, diversamente dalle altre, esattamente datate. […] È chiaro che le date così raccolte, quasi accumulate all’ingresso di questo poema che profuma di classicità, non sono date normali. […] Sono la voglia di collocare nei limiti della sua vita di uomo presente nei giorni quella specie di delirio che va via, corre, dilaga nell’infinito dilagare delle cose in cui il presente ha sempre le cadenze dell’antico e le apparenze usuali hanno le risonanze dei miti. […]» - «Qui la natura involucra un animo intento a tradursi nelle sue molteplici variazioni. E la parola fa di tutto per innervarsi nella luminosità delle intenzioni [ … ].»; Mario Luzi <>; P. Martiniello «La tua recensione ad Aktis è veramente eccezionale. Il fascino linguistico è meta poetico. La tua creatività è così matura che cogli in ogni cosa un palpito di poesia. Quando leggo il tuo scritto ho la sensazione di trasferirmi in un altrove. Sei diverso dagli altri critici, perché sei nel testo, che è oggetto di analisi. Il buon Dio ti ha dato questo meraviglioso dono linguistico, intensa capacità espressiva, una rara forza di coinvolgimento.» - «La tua recensione critica a La Zanzara è stata per me una vera emozione. L’ho inviata al prof. Armando Severiano, che ha fatto la prefazione al libro, e l’ha definita: calzante ed efficace, esplorativa di altri nuclei, non limitata al solo aspetto della “indignatio”. La forma epistolare della recensione è una bella novità. Dentro scorre l’anima di un poeta ricchissimo di affettività, di notevole intento critico e competenza analitica. […] A te riesce facile l’analisi, perché forse si attuano nel profondo comuni radici di una civiltà contadina, che costituisce la sorgente limpida degli altri valori, per il cui impoverimento c’è sdegno, sofferenza, ribellione. […] Di nuovo ti ringrazio per aver dato ascolto alla mia voce, che sa di “asprigno” e aver scritto cose che confortano nella salita verso il Parnaso, sempre affollato dai detentori del potere.»; R. Pancini «Il linguaggio elegante e raffinato, frutto degli echi ora classici ellenici e latini, ora dei grandi simbolisti francesi, fa cornice al mondo di autenticità poetica di P. […].»;

Premiazione al Premio Terrasanta. Verona 

A. Piromalli «[…] Versi ricchi di motivi intensi ed espressi in forma ora moderna, ora classica ma sempre suggestiva; la natura è in stretta simbiosi con l’autore che ricorrendo ai suoi effetti evidenzia profondità, spontaneità e padronanza poetica. Ed è proprio la natura che fa da cornice ai temi d’amore, e non è semplice comparsa, ma ne concretizza attivamente gli impulsi interiori, per farsi significante metrico di un linguaggio figurato.»; Premio di Poesia “Antica Badia di San Savino” «P. felicemente combina e fonde preziosismi e neoformazioni lessicali, moduli espressivi di raffinatezza iperletteraria, prevalentemente dannunziani, con una sensibile auscultazione della natura e della familiarità quotidiana straniate da immagini antiche scaturite dall’anima. La parola è sensualmente lavorata, accarezzata, dislocata sulla pagina, diversificata nel suo corpo tipografico, con amorosa abilità di artefice.»; Premio Letterario “Castello”, Università di Verona «La lirica (Il profumo della giovinezza) è un susseguirsi di presente e passato, di realtà vissuta e di realtà filtrata dal ricordo. L’oscillazione del tempo e dell’esperienza diventa atto interiore di confronto e di misura dell’anima, i cui risultati deprimono e angosciano, in quanto registrano indifferenze, distrazioni e perdite irreparabili. […]»; Premio Letterario “Castello”, Università di Verona «Il fiume è luogo di meditazione e di ricordi (Il primo amore). Metafora della vita che scorre, portando con sé la nostalgia della giovinezza, la lentezza del presente, la precarietà del futuro. […]»; Premio Letterario “Castello”, Università di Verona «Bella poesia (Gente di casa mia) che racconta di gente di paese. Contadini descritti con realismo, con affetto rude e solidale, ma senza retorica. […] La lirica rievoca atmosfere impressioniste, quasi pittoriche. E sembra davvero di sentire l’odore dell’erba tagliata, e il respiro caldo degli animali. […]»; Premio Letterario “Don Luigi di Liegro” «I Canti d’amore dedicati alla sua musa ispiratrice, Delia, sono pennellate di cromatica fattura e P. impiega con grande abilità moduli tecnico-metrici per tradurre forti sentimenti in corpi di suoni e colori. […]»; Premio Letterario “Franco Bargagna”, Pontedera «È una poesia colta che emerge dalle pagine di P., una poesia ben costruita e capace di destare interesse anche nel lettore meno accorto: la descrizione del paesaggio della Valdiserchio è piacevole e denota un occhio esperto, avvezzo a cogliere e a valorizzare la bellezza di una terra generosa tra il fiume e il mare. […]» - Premio letterario “Franco Bargagna”, Pontedera «Sin dai primi versi (Poesia: Processione) l’autore delinea un paesaggio freddo di morte illuminato dal sole morente di novembre. Ombre chine avvolte in neri scialli procedono litaniando in un corteo lento, sul quale si eleva più acuto il canto del pievano. “Ecco la chiesa / la mia povera chiesa di campagna”, dove il magro crocifisso mira quei gesti cheti che si ripetono sempre uguali. P. è riuscito in tal modo con tocchi magistrali e sapientemente elaborati attraverso un ritmo poetico lento e talora franto ad esprimere il senso dell’infinito dolore umano ed al tempo stesso della speranza nella salvezza anche se lontana ed ancora vaga.»; Premio Letterario “Giovanni Gronchi”, Pontedera «[…] In P. uno dei temi ricorrenti è il dolore. L’universo soffre, è nato dalla sofferenza, ma al tempo stesso è destinato a vivere. […] Il poeta lascia così che ogni uomo sciolga per proprio conto questa incertezza di fondo del vivere (dolore-felicità), ma al tempo stesso ad ognuno di noi dice che la ragione stessa del vivere consiste nella lotta continua per superare l’ “amaro e la noia” […]»; Premio Letterario “Grappolo d’oro”, Università di Verona «Nel componimento (Ode) sono evidenti e forti le presenze della tradizione lirica. Combinate con elegante misura, sostengono l’intera struttura, dal petrarchesco avvio copulativo, alla chiusa oraziana e catulliana. […]»; Premio Letterario “Il Golfo” «Piazza Belvedere rievoca, attraverso una situazione ricreata ad arte, le sensazioni e le emozioni infantili. Nel giardino della piazza il poeta, quand’era bambino, era solito distendersi a sera per ammirare le stelle, godere dei profumi intensi ed inconfondibili della campagna, lasciarsi andare ai sogni che trascinano lontano oltre la realtà angusta del presente. […] La fiaba dell’eroe che sconfigge il tempo e lo spazio rinasce nella mente, come se appartenesse a quell’angolo di mondo in cui il poeta è rifugiato. […]»; Premio Letterario “Il Portone”, Pisa «La cenere calda dei falò si snoda in una campagna toscana appena toccata da fiumi evanescenti, inumidita da piogge d’ambra, disegnata da colli ulivigni. Qui P. cerca le sue stagioni e ritrova i suoi attimi eterni; poi spicca il volo verso le mete alte della poesia, per allontanarsi dalle spine della vita ed inabissarsi “alfine in Icaria”, dove solo il mito riesce a concretizzare stati d’animo, momenti di vita, rivisitazione di storie che parlano di amori, di giovinezza, e tanto si accostano alle primavere del poeta.»; Premio Letterario “Il Rastrello”, Masiano «Con le immagini di un naturalismo poetico di intensa e struggente emozione e l’evocazione di un linguaggio di abile sensualità, l’autore ci invita a riflettere sull’umana “stagione” esistenziale al cui tema affida versi di particolare suggestione lirica.»;

Premio Terziere, Massa Marittima
Premio Letterario “Il Rivellino”, Università di Verona «Il panta rei, il tempus edax eracliteo, evocato fin dal titolo, sono i due poli concettuali di questa poesia (E tutto scorre), che si offre con alcuni versi modulati su toni distesi, che richiamano anche nella fonetica lo scorrere del tempo. […]»; Premio Letterario “L’Autore Libri”, Firenze «Con attenzione amorosa l’autore descrive, riflette, sogna, rimpiange; perché l’universo affettivo delle presenze non segue mai i ritmi di una logica esteriore e contingente. Non sono certo gli dei di marmo, eterni ma privi di vita, a scandire i ritmi dell’esistenza ... , ma piuttosto la natura, con le sue mille sfaccettature simboliche […].»; Premio Letterario “L’Autore Libri”, Firenze «La terra come realtà di affetti e di ricordi, entrambi rivissuti attraverso scorci di vita familiare; la terra come spettacolo di immagini loquaci, le cui parole destano il poeta ... in ogni caso una Natura che si ripete, scenario inconfondibile dell’incedere delle stagioni, dei mesi che ritornano incessanti. La morte s’impone alla vita, la vita succede alla morte, per quanto la terra ci tenga...Eppure da questo confronto la morte sembra uscirne vincitrice, se ogni istante respiriamo aria mortale e ci imbeviamo di cose caduche. A dirimere ogni dubbio intervengono le rughe del mare.»; Premio Letterario “La Carica”, Università di Verona «L’addio di un vecchio padre (Io venni pere cantare) al figlio è celebrato come il ritorno alla terra degli avi. Se prima il mondo degli affetti bastava a ispirare il canto e a rallegrare la vita, ora la terra dei padri reclama la completa fusione con la materia che lo ha generato. […]»; Premio Letterario “Le Muse”, Pisa «Nella raccolta di poesie di P. Alla volta di Leucade l’Autore ci immerge in un mondo di memorie, filtrate da una sensibilità raffinata e profonda. Memoria prima semplicemente umana, poi più finemente poetica, che pervade l’intera raccolta e ne garantisce la compattezza strutturale. […]»; Premio Letterario “Le Regioni”, Pisa «La Giuria del Premio Nazionale “Le Regioni”, in base al ricco curriculum, che evidenzia doti di poeta originale, assegna, all’unanimità, a P. il Premio “Le Regioni” con la seguente motivazione: Prendendo spunto dalla raccolta D’Autunno, ancora inedita, che, a nostro avviso, presenta caratteristiche comuni anche alle altre opere dell’Autore Toscano, possiamo affermare che nella poesia di P. si scorge, sempre, una unitaria linea lirica, che in parallelo svolge il gomitolo cromatico del paesaggio, dell’ambiente esterno e quello, più incisivo, interiore dell’esistenza nell’uomo e nel poeta. […]»; ; Premio Letterario “Maestrale-S.Marco”, Sestri Levante «Il testo ha incontrato il favore unanime della Giuria sia per la ricchezza del lessico poetico, sempre elevato e spesso quasi aulico, sia per la novità della rivisitazione lirica dei grandi poeti della letteratura greca, latina, italiana e francese […].»; Premio Letterario “Riolo Vallesenio «Il ricordo si concretizza in immagini che si stagliano con grande vividezza sullo sfondo di un tempo mai dimenticato, che, si percepisce, ha determinato lo stesso presente, ciò che oggi si è. Nulla si è perso nel tempo, nulla è stato dimenticato, ma è vivo più oggi di ieri, più dello stesso presente; […]»; Premio Letterario “Marco Tanzi” «L’opera Alla volta di Leucade nella sua evoluzione complessa e articolata denota una grande capacità lessico-fonica che bene si amalgama con la fusione di mito e realtà, ed anzi ne rafforza la valenza. È tutto un divenire di emozioni e di tematiche che dalla prima sezione (Stagioni) si sviluppano e si concretizzano ora in visioni naturali, ora in immagini mitologiche ed ora in descrizioni di un settembre (Fuga da settembre) che tanto simboleggia il melanconico configurarsi di un autunno umano e mortale. […]»; Premio Letterario “S. Cipriano al Naviglio” «Il poeta, esaltando simbolicamente le messi e i frutti della terra, ci indica con la forza della sua intelligenza e della sua sensibilità che l’uomo può salvarsi contrastando la propria fine col divino dono della creatività. Mentre il linguaggio, come strumento, indica l’intima ricerca del poeta che si affida al senso liberatorio formale […]»; Premio Letterario “Terrasanta”, Università di Verona «La ricerca lessicale caratterizza questi versi (L’erbale silenzio), spesso nel segno dannunziano (e, per sua via, anche montaliano), per quel fondersi tra essere umano e natura che qui emerge con chiarezza, nell’alternarsi delle stagioni che, con efficace sintesi, viene evocato a conclusione del testo. […]»; Premio Letterario “Terrasanta”, Università di Verona «Poesia (Ignoto verso il mare) delle stagioni, del tempo e del destino. Sulla fissità vitrea di uno sfondo invernale (È febbraio) ecco però il giallo delle mimose, promessa di speranze, preannuncio del colore di ginestra / che gonfierà l’estate. […]»; Premio Letterario “Tra Secchia e Panaro” «Leggendo le poesie della silloge D’Autunno di P. si ha l’impressione di entrare in un fiume ricco di vitalità. E non ci sono solo memorie, ma segni e solchi profondi di un difficile vissuto. Inquietudini che tornano quiete solo all’imbrunire della vita.»; Premio Letterario “Violetta di Soragna” [Alla volta di Leucade] «P. vince il primo premio per averci presentato un’opera complessa e articolata, di ampio respiro, nella quale l’aulicità di un linguaggio classicheggiante si coniuga perfettamente con quello tecnico-bucolico-agreste mutuato dall’idioma della sua terra. […]»; Premio Letterario “Violetta di Soragna” «La poesia del P., il cui nome non è nuovo nel mondo della poesia contemporanea per un’ampia serie di raccolte poetiche, è un canto fresco ed argentato innalzato alla sua terra d’origine, luogo in cui confluiscono tutte le memorie di un’esistenza. […] La natura e l’amore che dominano questi versi trovano la loro migliore espressione in un palinsesto allegorico, che si sostanzia e si realizza in accorata partecipazione lirica alle umane vicende.»; S. Ramat [in: Storia della letteratura italiana del XX secolo] «Quando nel nobile salotto romano di Vittoria Colonna i migliori spiriti dell’arte rinascimentale discutevano con passione delle affinità elettive tra poesia e pittura era ritenuto vivace il verso di poeti come – mettiamo il Virgilio dell’Eneide – quando si descriveva la scena dell’incendio di Troia: verso e parole che rappresentavano con forte tensione emotiva una scena drammatica. Diciamo questo per affermare che anche la poesia di P. sa disegnare con vividi colori scene e paesaggi […] Ecco, la poesia di P. ha il pregio notevolissimo di venirci incontro, ausiliatrice, mentre ovunque vi suonano le arroganze e le atrocità delle umane creature.»; ; F. Romboli «[…] P. predilige costantemente l’obiettivazione naturale-realistica degli stati d’animo: la sua elaborazione lirica ama le misure della precisione rappresentativa ove sono in primo piano gli oggetti o gli elementi del paesaggio o le situazioni consuete della sua campagna; e i suoi versi attraggono per l’efficacia della concretezza evocativa. […].»; P. Ruffilli [Alla volta di Leucade] «Caro P., grazie per Alla volta di Leucade, che ho letto con interesse, scoprendo di averne già una copia, comprata non ricordo più se a Pisa o forse a Viareggio. Molto stimolante questa sua poesia stratificata, ricchissima, insieme piena di immagini e di pensiero. Teniamoci in contatto, a risentirci. Colgo l'occasione per segnalarle l'uscita di un mio romanzo su Nievo, L'isola e il sogno, (Fazi Editore). Se lo legge, il suo parere sarà graditissimo.»; V. Vettori «Non è facile fare i conti, in termini specifici di lettura, con un poeta così effusivo e così straripante come P. Il quale dispone al proprio arco creativo di tante frecce che pare gli debbano sempre sfuggire di mano seguendo traiettorie autonome e imprevedibili. Ma in effetti non sfuggono. E alla fine si lasciano ricondurre nel quadro di fondamentale equilibrio di una complessità armonica e bilanciata, dove l’abbondanza impetuosa della versificazione pardiniana risulta, – come ha scritto Floriano Romboli nella sua postfazione alla bella raccolta di fine secolo (e millennio) Alla volta di Leucade splendidamente edita da Mauro Baroni nella collana “Mediterranea” – in ultima analisi, rigorosa e intimamente sorvegliata alla luce di una sensibilità raffinata e profonda [ … ] Poi il tema dell’amore, in P., è qualcosa che travalica il contingente umano, per estendersi a slanci iperbolici verso azzurri e slarghi di cieli che toccano quasi l’inarrivabile.»; S. Sodi «È il paesaggio della Valdiserchio, il territorio in cui P. è nato ed è vissuto. Da sempre il mondo dei campi, con i suoi colori ed i suoi toni, con i suoi suoni e i suoi silenzi, è stato ed è oggetto ispiratore di composizioni poetiche. P. si colloca in questo filone con originalità, forte tensione lirica, profonda forza evocativa.[…]»; L. Tagle (13 febbraio 2011) «Caro Pardini, la tua lettera è stata la madeleine che mi ha riportato l'atmosfera colta e felice di Pisa e il profumo della campagna toscana. E la tua poesia è stata la madeleine che mi ha restituito l'incanto delle prime letture giovanili, di formazione, i grandi classici della nostra letteratura, Foscolo, Leopardi, Pascoli, d'Annunzio... Tu non hai paura della sintassi, dell'endecasillabo sciolto, della parola raffinata e preziosa, del lessico agreste, della narrazione. Tu ami la stagione autunnale, come Baudelaire, e sai rivisitare con toccante nostalgia il mondo classico greco-latino. E sai anche rivisitare, ma con infinita dolcezza, lo scandalo della contraddizione: "Contraddicevi il buio col sorriso" (Che pensare). O anche: "L'alba... tornerà... a contraddire il senso della morte" (Steccolito è il dicembre). Tu sai bene che la contraddizione è il lievito della poesia. E mi è stata cara subito "Eliaca stella". Un attacco musicale quasi operistico: "Albeggia. Quanto lontana sei! Quanto sei pallida!" E poi una vertigine leopardiana verso il volo nell'immenso cielo. E infine, quelle "magliette bianche" sul filo come in "Di notte a luna piena", piccola gemma, anime sul "cortile in penombra, all'aria di settembre". Grazie per queste poesie, che rileggerò spesso.»; S. Tibaldi (Presidente del Premio Letterario “Santa Maria in Castello”, Vecchiano) «[…] La snellezza, l’essenzialità della parola, la ricchezza delle immagini spesso metaforiche e la musicalità del verso, costituiscono pregi di sicuro valore icastico-linguistico e stlistico-formale e sono segno di indubbia creatività. Le liriche del poeta pisano sono perle che degnamente e a buon diritto s’incastonano nel mosaico della poetica contemporanea.»; S. Valentini «[…] Quello che più emerge, anche da una rapida lettura dell’insieme delle opere pardiniane, è la splendida qualità della tessitura formale - musicale negli accenti e ricca di significati – unita alla profonda fedeltà a tematiche forti, dense di valori e di riferimenti morali. […] Notevole è poi la padronanza stilistica, che utilizza con maturata naturalezza l’endecasillabo – in prevalenza – o altri versi comunque dalla forte suggestione metrica. […].»; U. Vicaretti [Alla volta di Leucade] «[…] Ma per compiere il salto “nell’oscuro senza stelle”, fortissimo è il richiamo dell’isola del sogno, indimenticato luogo della nostalgia e della memoria: Leucade. Fuggire da settembre, dunque, per intraprendere il viaggio alla volta dell’isola del desiderio, e lì compiere l’estremo atto... Un salto rigeneratore che, invece che certificare uno iato incolmabile tra la realtà e il sogno, prodigiosamente ristabilisce un continuum tra l’ombra e la luce, dà scacco al silenzio e all’oblio, annuncia una nuova rinascenza.[…] La nobiltà di un linguaggio alto e aulico finisce per dare alla raccolta, paradossalmente, un crisma di rivoluzionaria modernità, se vi sappiamo individuare e “leggere” originalità e invenzione, purezza visionaria e inesausta forza creativa.[…]»; B. Vincenzi (“Il Tiraccio”) «La nuova raccolta di poesie che P. ha dato recentemente alle stampe con un titolo alquanto suggestivo Le simulazioni dell’azzurro in un certo senso ci obbliga a condividere un viaggio nella memoria, dove il poeta tenta di cogliere nel mistero della scomparsa, quella parte di sé che pulsa nell’essenza delle cose. […] Il suo mondo poetico accoglie i luoghi, i personaggi; accoglie nell’assenza dei colori, il sogno stesso di una vita occupata a ricucire le quotidiane lacerazioni. […]»; G. Zavanone [Alla volta di Leucade] «Caro P., ho letto con il più vivo interesse il suo Alla volta di Leucade. Ho rilevato una suggestiva capacità rievocativa, un riscontro efficace tra paesaggio e stati d’animo, ricchezza e originalità d’immagini. Su tutto una musicalità – cosa rara di questi tempi – che viene dall’anima. Se le farà piacere, pubblicherò una o due sue poesie su “Satura”, una rivista letteraria di cui mi occupo. Questo le dice che il mio consenso al suo “poiein” è sincero e persuaso. Vedo che lei è anche buon traduttore dal francese. Le invio pertanto un’antologia, da me curata, di poeti francesi che io stesso ho tradotto.» - «Le sono grato di avermi dato la possibilità di leggere due libri di tanto interesse quali Radici e Si aggirava nei boschi una fanciulla. Nel primo Lei ha reso, come meglio non si potrebbe, suoni, colori, profumi della sua terra, e questo cocktail un po’ magico ammalia il lettore, mentre ogni zolla, pur nell’abbandono che la mortifica, sa di vita, filtrata dalla memoria e tale da esorcizzare “l’irruente burrasca che irrompe dal mare”. Il secondo libro, che definirei metafisico e, comunque, percorso da un afflato religioso, è un cammino verso la verità attraverso l’amore e la ragione, compagni di viaggio. E può avvenire che, pur nell’asperità del percorso e tra “quel nero fumo che opprimeva il cielo” appaiano immagini salvifiche di un Dio d’amore (di esuli che persero la patria, di fanciulli soli e abbandonati). […]»
Campagna toscana
Giuseppina Luongo Bartolini [L'azzardo dei confini] <<La dedica iniziale dell’autore al suo figliolo, in questo libro di poesie, indica la conclusione di un progetto di vita e di esistenza. Le liriche ne rivelano la valenza affettuosa, morale, senza dubbio poetica e culturale. L’autore trova ispirazione dal quotidiano, dal conflitto che ci porta decisamente, tra noi e il mondo, a giudicare, l’itinerario della nostra esistenza personale nel panorama infinito dell’universo, dal discorso della vita che si realizza nella comunità degli uomini, nella natura creata. Paesaggi della memoria, la visione del mondo nel tempo e nello spazio, la saggezza del quotidiano, la forza della memoria, gli affetti familiari, tra il passato e il presente si collegano nella lirica del ricordo “Abbi fiducia, figlio, nella vita” e in “Io venni per cantare”, dove “E’ l’ora che ti lasci, figlio, / e torni alla mia terra: dove il mare…”.>>.(Premio Aeclanum)
Antonio Nazzaro [L'azzardo dei confini]  <<La silloge di Nazario Pardini, composta da quattro sezioni: Ombre (40 poesie), Elegie Pisane (32), Dialoghi (3), Canti Larigiani (28), ha l’intricante titolo L’azzardo dei confini. Confini sono, in senso letterale e traslato, il limite tra il noto e l’ignoto, l’essere e il non essere. Superare tale limite è rischioso, come il folle volo di Ulisse.
      I componimenti qui raccolti costituiscono una sorta di consuntivo di un’attività poetica costante nel tempo. Essi si segnalano per la limpidezza e l’armonia del verso, per l’abilità di versificatore che si muove con agilità tra varie proposte  metriche e prosodiche e tra generi poetici diversi, per l’efficacia e l’originalità delle immagini, per la capacità meditativa di cui dà prova nei  Dialoghi.
      Degno di nota è l’impasto linguistico che mescida con sapiente equilibrio arditi neologismi (come i verbi autunnare e involucrare, i sostantivi buiore e balascio e l’aggettivo rubido), voci culte (acro) ed espressioni popolareggianti (come Non ti pensare che).
      Pregevoli sul piano formale e compositivo sono le liriche nate dall’intenso legame affettivo che lega il poeta a Pisa e alla sua campagna toscana. Emblematica in tal senso è la lirica Per respirare assieme alla mia terra, in cui il Pardini, nella scia di Ovidio e, soprattutto, D’Annunzio (Piove) vagheggia la metamorfosi degli organi del suo corpo (arti, ciglia, dita, capelli, occhi) nei vari elementi vegetali (rami, verdi, grappoli di funghi, distese di grani, bacche di ginepro) “per non perire, / ma verdeggiare di nuovo sugli alberi / per respirare assieme alla mia terra”.>>. (Premio Aeclanum)  


Premio Nazionale di Arti Letterarie Città di Torino




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